L’Anpi? è “roba per giovani”!

Attualità | 29/7/2021

Quali sono le motivazioni che animano oggi i giovanissimi che decidono di impegnarsi in prima persona per riaffermare i valori della democrazia e della liberazione dal nazifascismo? Per rispondere a questa domanda abbiamo intervistato tre giovani altoatesini che hanno deciso di aderire all’Anpi.

// Di Luca Sticcotti

Sono passati due anni e mezzo da quando i giovani hanno ripreso a scendere le strade per manifestare. I ragazzi promotori o simpatizzanti per il movimento Fridays for Future hanno scelto l’impegno pubblico e sociale per rivendicare nei confronti degli adulti azioni atte a prevenire quella che sembra essere oggi la più grande emergenza planetaria, ovvero gli effetti del riscaldamento globale e del conseguente cambiamento climatico. Questa rinnovata spinta sociale (e politica) ha però avuto l’effetto di risvegliare anche l’interesse da parte di molti giovani nei confronti dell’associazionismo che si richiama ai valori fondanti della nostra Costituzione repubblicana e del delicato e doloroso percorso quasi 80 anni fa portò all’edificazione della nostra democrazia. Alcuni di questi giovani in particolare hanno avuto occasione di avvicinarsi all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, una delle realtà simbolo della lotta per la liberazione dal nazifascismo, che in Italia ricordiamo ogni 25 aprile. Ne abbiamo incontrati tre: Diego (23 anni), Silvia (18) e il giovanissimo Pietro (14). Ecco l’interessante colloquio che ne è scaturito.

Diego Laratta, Silvia Pomella e Pietro Marchi


L’INTERVISTA
Qual è il percorso che vi ha portati ad aderire all’ANPI?

Diego Laratta – ANPI in realtà si occupa di tante cose. A me personalmente interessava partire dalla memoria, dal nostro tragico, rappresentato da fascismo e nazismo. Anche oggi ogni ragionamento deve partire da lì, per farci capire come fare affinché quelle cose non si ripetano. In merito apparentemente siamo tutti d’accordo, ma invece c’è anche chi non è lontano dal voler tornare ai valori e ai principi che provocarono quella tragedia. E come sappiamo oggi spesso anche tra i giovani, nelle scuole e fuori dalle scuole, riescono a farsi strada coloro che simpatizzano per il fascismo.

Insomma, sembra di intuire che a voi sembra farsi strada prevalentemente un attivismo neofascista, senza un corrispondente attivismo antifascista… E’ così?
Diego Laratta – Sì, proprio così. Mi sono chiesto: chi è che si occupa dell’altra parte? Chi sono gli altri e dove sono? E ho concluso che me ne sarei dovuto occupare io, in prima persona, perché quella cosa non potevo e non volevo accettarla. C’è ancora tanta strada da fare, ma abbiamo iniziato un percorso che vogliamo portare avanti.
Silvia Pomella – Io invece nell’Anpi ci sono entrata davvero per caso. Ero già attivista nei Fridays for Future e nei movimenti ambientalisti, oltre che in altre tematiche sociali, e mi sono accorta che ogni volta che ero in piazza insieme a noi c’era sempre anche l’Anpi. Questa cosa mi ha affascinato molto. Qualcuno infatti ha l’idea che l’Anpi si occupi solo del passato e della memoria. Si tratta di un ruolo che loro senz’altro hanno, ma in realtà oggi Anpi si occupa anche di temi di attualità e quindi delle battaglie per cui noi giovani ci troviamo in piazza. Questo collegamento tra passato, presente e futuro mi ha incuriosita molto e quindi piano piano ho iniziato ad andare agli eventi organizzati dall’Anpi e mi è piaciuto un sacco. In particolare ho apprezzato molto il loro modo di promuovere i valori della Costituzione. Sono questioni che toccano direttamente i giovani, mentre invece succede che gli stessi giovani spesso si sentano molto lontani da queste tematiche. Pensano: il passato è passato, amen. Ma in realtà ci sono molti valori presenti nelle norme della Costituzione che toccano direttamente la nostra vita. Per cui mi sono sentita di dover dare una mano per divulgare questi valori che per me sono importantissimi.

I valori presenti nella Costituzione in realtà hanno molto a che fare con la vita di noi giovani e il nostro futuro. Per questo dobbiamo testimoniarli.

Tu Pietro sei davvero giovanissimo. Per te come ha avuto luogo l’avvicinamento all’Anpi?
L’Anpi è il primo movimento associativo a cui mi sono avvicinato, grazie ai miei genitori e soprattutto mio padre che mi portava spesso alle iniziative. Mi sono appassionato e ritengo l’Anpi davvero una parte integrante della mia crescita personale. L’Anpi l’ho incontrata per la prima volta in occasione di un viaggio all’ex campo di concentramento di Mauthausen, in Austria. Lì ho visto con i miei occhi ed ho percepito sulla mia pelle quello che è successo. Ritengo che l’Anpi tocchi un po’ tutti gli aspetti più cruciali di quelle vicende terribili, portando avanti i valori che abbiamo costruito costruiti e che sono necessari per contrastare le ideologie nazifasciste. Si tratta di un percorso che continua: quello che è successo 80 anni fa alimenta ideali che restano anche nel nostro presente. Anch’io quelli dell’Anpi li ho visti sempre in piazza. Essere vicini con le parole è importante, ma metterci la faccia come persone è ancora più importante e più coraggioso, secondo me.


Avete detto che una delle molle che hanno fatto scattare il vostro avvicinamento all’Anpi sta nel fatto che avete avuto occasione di incontrare l’attivismo neofascista dei vostri pari età e che questa cosa vi ha colpiti, inducendovi a reagire in prima persona. Ora che fate parte dell’Anpi com’è cambiato il vostro modo di relazionarvi con i vostri coetanei che manifestano simpatie per ideali così diversi dai vostri?
Silvia Pomella – Alla fine anche noi siamo dei giovani normalissimi e abbiamo anche tante altre cose in testa. Quello che cerchiamo di fare è di creare un ponte, come è successo lo scorso 25 aprile quando abbiamo proposto le “letture resistenti” all’anfiteatro del Pippo a Bolzano. Lì c’erano tantissimi giovani che normalmente non vengono alle commemorazioni dell’Anpi, che di per sé hanno un target diverso. Il Pippo è uno spazio giovanile molto frequentato e lì abbiamo semplicemente condiviso insieme un momento. Noi non ci mettiamo a spiegare cose ai nostri coetanei e forse questo non è neanche il nostro compito. Della storia in particolare stiamo ancora imparando molto ed a me manca in particolare il programma della quinta superiore che farò il prossimo anno. Ma questo non vuol dire che noi non ci possiamo informare da soli e impegnarci sulla base dei nostri valori. Ma senza fare “lezioni” a nessuno.
Pietro Marchi – Sì, anche perché le lezioncine avrebbero probabilmente l’effetto contrario. Io ho imparato a identificare le persone con cui si possono instaurare discorsi di una certa forza e complessità. Ma un modo valido per avvicinare i nostri coetanei a certi temi è semplicemente parlare, ma facendolo in maniera semplice e senza essere troppo pressanti. Ognuno ha i suoi tempi.
Diego Laratta – E poi ognuno ha il suo “modo” per testimoniare. Per me ad esempio è molto importante condividere. Adesso vanno molto di moda le “storie” su Instagram e lì prendere posizione per la nostra generazione ha una certa importanza.

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