“Non demonizziamo i rapper di Sinigo”

Attualità | 11/3/2021

Non troppo tempo fa fa un gruppo di ragazzi poco più che ventenni realizza e pubblica su Youtube un videoclip musicale dal titolo “La Fame”. Nel corto viene ripreso il quartiere di Sinigo alle prese con le scorribande di una gang incappucciata che maneggia armi e traffica droga. Gli educatori del Centro giovani “Strike Up” Mauro Dellafiore, Eva Perazzetta, e Noemi Gaspari prendono posizione sull’azione dei Fv1000, così il nome della band di Sinigo,  e in un colloquio con Pino Maiolo, psicoanalista, docente all’Università di Trento e formatore, hanno chiesto una riflessione sull’utilizzo di armi e di droga nelle loro performance espressive. 
Gli educatori del Centro Giovani Strike Up di via Roma 1 non hanno dubbi, quella del videoclip non è né una bravata né un’azione da condannare: “Chi non ha mai ascoltato rapper come Baby Gang, Paky, Sacky e Rondo da Sosa fino ad arrivare ai più conosciuti Capo Plaza, Sfera Ebbasta e Gué Pequeno non può immaginare quale siano i modelli dei giovani adolescenti di oggi – racconta Mauro Dellafiore – Lo scenario è quasi sempre lo stesso: quartieri poveri, piazze deserte, bande armate, mazzi di soldi, sacchetti di marijuana, macchine sportive e moto che sgasano”.

Giuseppe Maiolo ed Eva Perazzetta

“Lo strumento che usano è il rap, un genere ormai conosciuto e che in Italia comincia a vivere una stagione d’oro intorno agli anni 2000 grazie a Internet e ai Talent Show – spiega Eva Perazzetta – La via del successo e dei soldi è facile: basta realizzare clip musicali con una base elettronica e il gioco è fatto. Le visualizzazioni sui social poi sono la porta del successo e aprono la strada di alcuni di questi interpreti a collaborazioni importanti con i grandi del rap”. 
“Non capiamo la reazione di alcuni esponenti della politica  che hanno voluto sottolineare l’illegalità dell’iniziativa – conclude Noemi Gaspari – Oggi per molti ragazzi le scene riprese nel video sono normalissime e il testo della canzone esprime ancora una volta un bisogno, la fame di emergere, di essere considerati che è tipico di questa età”. 

Il professor Giuseppe Pino Maiolo, che proprio allo “Strike up” aveva organizzato delle serate sulla genitorialità, spiega quanto il contenuto del videoclip musicale poco ha a che fare con il tema del disagio giovanile  o dell’abbandono delle periferie: “Non è Sinigo il problema, poiché fenomeni giovanili di questo tipo si incontrano anche nella Milano bene – spiega – Il tema centrale, invece, di questa generazione è quello del voler esserci, voler esistere, voler essere presi in considerazione. Molti adolescenti si spengono e restano invisibili per molto tempo, scelgono la strada della violenza per esaltare ed amplificare il loro messaggio.
La violenza può prendere di mira la propria persona come nel caso di quei ragazzi che praticano forme di autolesionismo, il cutting (tagli  e incisioni con lamette su gambe e braccia), oppure verso l’altro come nel videoclip dei rapper di Sinigo che cantano “la fame” e realizzano un video di protesta. Nel testo della canzone c’è tutto: una storia, un pensiero, delle vite”. Il dottor Maiolo spiega che la droga, le armi, i soldi, il sesso sono strumenti accattivanti, ma il messaggio è davvero semplice, quanto antico: viviamo in un mondo disattento, pieno di problemi, la pandemia ha estremizzato determinati comportamenti e ridotto la nostra socialità e il mondo delle relazioni; i ragazzi rispondono in maniera aggressiva e forte alla trascuratezza del mondo degli adulti. 

Noemi Gaspari e Mauro Dellafiore

“Forse dovremmo fare loro alcune domande, invece di giudicarli sinteticamente: perché hai fame?” Di che cosa hai fame? – continua – scopriremo che questi giovani hanno fame di essere considerati e accolti. Ed è per questo motivo che è necessario creare progetti educativi adeguati, al passo con i tempi e sulla stregua dei bisogni dei giovani di oggi.
Dobbiamo ricordare che non molti anni fa il tema delle droghe e della sessualità aveva segnato un’intera generazione, quella degli anni Sessanta e Settanta,  le cui proteste avevano portato cambiamenti sociali e culturali significativi e l’affermazione di importanti battaglie di civiltà. Eravamo sicuramente adolescenti diversi rispetto alla fotografia di quelli di oggi, ma conserviamo le stesse caratteristiche, la stessa ossatura interna. L’adolescenza dell’uomo resta sempre la stessa: desiderio di libertà e di cambiare il mondo”.

Autore: Francesca Morrone

La denuncia

Nell’arte esprimersi liberamente è un dovere, non solo un diritto. L’arte è ossigeno, è libertà; ma anche la libertà deve seguire certe regole, soprattutto se quelle norme sono contemplate in quel libretto verde chiamato Codice penale. E due dei giovani rapper non lo hanno rispettato, tanto che sono stati denunciati per istigazione a delinquere e possesso di arma da fuoco. Se per il primo capo d’accusa ci potrà essere da discutere, dal secondo è difficile uscirne puliti: l’arma mostrata in video è un giocattolo, e quindi dovrebbe avere un tappo rosso che la identifica come tale. Nel video quel tappo non c’è, e non c’era nemmeno quando i carabinieri l’hanno trovato a casa dei ragazzi: probabilmente l’hanno tolto per esigenze sceniche, certo, ma non siamo ad Hollywood, e togliere quel cerchietto rosso dalla canna della semiautomatica non è una ragazzata.

Autore: Luca Masiello

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