La “rinascita” di Tamara Lunger

Attualità | 9/1/2025

Poter toccare il cielo dalla cima (o quasi) del K2 non è cosa per tutti. Davvero in pochi sarebbero inoltre in grado di trovare la forza di spirito e la volontà d’animo per continuare ad inseguire una passione dopo un fatto tragico. Lei è fra quei pochi, perché “lei” è Tamara Lunger, un’atleta che non ha certo bisogno di presentazioni.

L’auditorium Alma Bertotti di Egna era affollato, quando Tamara Lunger, ospite della sezione locale del Cai si è aperta al pubblico raccontando la sua vita, le sue imprese e le sue aspirazioni. “Di solito proponiamo due serate all’anno a tema montagna, e negli ultimi sette anni sono state una trentina le personalità che sono intervenute – spiega il presidente del Cai Luca Dondero, aggiungendo che si tratta d “ospiti preziosi perché hanno contribuito a divulgare la cultura e dell’alpinismo”. 

E davanti ad un pubblico attento, Tamara Lunger si è concentrata sul racconto delle sue due ultime grandi imprese, ma soprattutto sull’ultima l’ascesa al K2, una spedizione cominciata con tanto entusiasmo e finita in tragedia, con cinque alpinisti morti. 

Tamara, perché ha scelto di raccontare proprio quell’episodio? 

Perché da lì in avanti ho cambiato vita. Ho passato un anno chiusa in casa nella mia tristezza. Poi ho deciso di fare un passo avanti e prendere in mano la mia vita cercando di capire meglio la mia attuale personalità e scegliendo un altro rapporto con la montagna. Mi sono trovata costretta a farlo e questo mi ha salvato la vita. 

Come sta andando? 

Ci sto riuscendo piano piano; è un percorso lungo, perché finora ho vissuto in simbiosi con lo sport e la montagna, fattori che adesso non vedo più nello stesso modo di prima. Ho dovuto mollare ed è stato difficilissimo da accettare. Adesso sono diventata allenatrice di rigenerazione, ho ritrovato un equilibrio ed ho lavorato molto su di me.

Da dove arriva questa sua passione per la montagna? 

Fin da bambina ero sempre in giro con il mio papà, che partecipava a gare di mountain bike. È stato lì che ho capito che sarei diventata un’atleta professionista, anche se non sapevo ancora in quale specialità. Ero appassionata di atletica leggera, ma ho fatto tanti sport. Scalavo, ma lo sci alpinismo è stato il primo amore e mi ha permesso di fare le gare, entrando anche in nazionale. 

Questo fino all’incidente sul K2… Se potesse, tornerebbe indietro? Farebbe un’altra vita? 

Mai: sceglierei sempre lo sport! La montagna per me è la maestra più grande dopo la mia famiglia: una maestra silenziosa ma molto forte.

Che cosa porta dentro di sé dopo la serata pubblica ad Egna?

Erano anni che non facevo più nulla in Alto Adige, e ne sono uscita soddisfatta. È stato bello il feedback che ho ricevuto dal pubblico, mi piace pensare che io possa ispirare qualcuno, e vorrei davvero andare avanti a lavorare sul discorso motivazionale.

Vuole lanciare un messaggio motivazionale ai nostri lettori? 

Certo, e non solo a chi sceglie di andare in montagna: restiamo umani. La tecnologia ci aiuta, ma allo stesso tempo può essere anche una trappola. Noi tutti siamo speciali e unici: teniamo d’occhio le emozioni, usiamo le nostre intuizioni per decidere, e non facciamoci comandare da un computer. E poi: non seguiamo la massa: prendiamoci tempo e spazio per seguire e capire meglio noi stessi.

Autore: Daniele Bebber

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