Teatro Puccini pieno a Merano, per il concerto di Fabio Concato svoltosi lo scorso 15 Novembre. Un ritorno per un cantautore che ha scritto alcuni dei brani più poetici degli anni Settanta e Ottanta.
Lo incontriamo nel camerino del Teatro Puccini, a Merano, dopo un brevissimo sound check con il suo collaudatissimo gruppo. Giusto un accenno ad un paio di brani per verificare i livelli del suono: dopo centinaia di repliche in giro per tutta l’Italia, l’affiatamento e tale per cui non serve proprio di più. È Fabio Concato, il “Musico ambulante” come egli stesso si è descritto e che è anche il titolo dell’ultima fatica in sala d’incisione prima di tramutarla in una serie ormai infinita di concerti che hanno riempito le sale dal Nord al Sud della Penisola.
Fabio, quando è cominciata la tua avventura canora?
A dire il vero prima di dedicarmi alla musica attorno al 1977, avevo già esordito in pubblico con un trio di “cabarettari” che era considerato molto in gamba, almeno così dicevano i nostri colleghi dell’epoca e il pubblico che veniva a sentirci.
Ma le radici sono nel jazz la cui impronta si percepisce chiaramente nella tua produzione…
Forzatamente direi perché quella era la musica che si sentiva a casa mia alla fine degli anni Cinquanta. C’erano dei pezzi bellissimi che mio padre ascoltava e suonava tutti. Io sono cresciuto in quell’atmosfera. Erano gli anni di Natalino Otto che ai più non dirà nulla oggi, ma è stato un gigante della sua epoca.
Attribuendoti il Premio Tenco hanno detto che negli anni Trenta c’era il filone dell’allegria e che Concato negli anni Settanta e Ottanta ne è stato la versione aggiornata. È una definizione che condividi?
Ricordo che quando me la diedero come motivazione rimasi un po’ sorpreso ma poi devo dire che è stato esattamente così. Io facevo delle cose che erano un po’ particolari, anche se poi ho cambiato leggermente strada, ma potevo in effetti essere un Natalino Otto della mia epoca.
“Musico Ambulante” nasce nel 2021. Un ritorno per un Fabio Concato che era rimasto un po’ nascosto?
Si devo dire di si. La storia è abbastanza curiosa. Quel lavoro non era nato per diventare un disco. Era semplicemente un mio desiderio di tornare in sala d’incisione per una versione aggiornata e più acustica, quasi solo voce e chitarra, dei miei brani. Ma era una cosa che io volevo solamente mettere vicino alla mia discografia, solo per me, per il piacere di averla. Poi riascoltandola, quasi casualmente, alcuni amici mi hanno detto, ma perché devi tenertela solo per te? E così ci ho ripensato.
Stai riempiendo i teatri nazionali da tre anni a questa parte. Che effetto ti fa?
Molto bello, direi ed è una cosa che non mi aspettavo. Dipende molto anche dal mio management che sa fare una promozione con gli strumenti moderni dei social dove “smanettano” per bene facendo quelle cose che bisogna fare se vuoi avere un minimo di seguito ai giorni nostri.
Forse non solo i social, ma anche il segno che tu hai lasciato nel panorama musicale italiano…
Si, sì, certamente non voglio piangermi addosso né sminuire quello che è stato. è sicuramente anche questo.
La tua “M’innamoro davvero” è colonna sonora del bellissimo film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi”. Come è nata questa collaborazione?
Non me l’aspettavo proprio. È arrivata la richiesta ed è chiaro che il mio è stato subito un sì. Non immaginavo di entrare a far parte di una colonna sonora per un film importantissimo. Appena la intono nei teatri, tutti subito sussurrano “questa è quella del film” ed è fantastico.
Autore: Enzo Coco