Un evento per non dimenticare

Attualità | 19/5/2022

“A trent’anni dalle stragi di Palermo ai cittadini di Merano viene offerta un’occasione unica: la testimonianza diretta del dottor Fausto Cardella, uno dei protagonisti dell’indagine sull’assassinio di Falcone e Borsellino” Queste le parole del Procuratore generale di Brescia Guido Rispoli, che il 27 maggio incontrerà la cittadinanza assieme al collega magistrato.

Sono trascorsi trent’anni da quei due mesi in cui il mondo trattenne il fiato per l’assassinio di due paladini della legalità, Giovanni Falcone ed il suo collega e amico di infanzia Paolo Borsellino. E in occasione della Giornata nazionale per la legalità il Comune di Merano ha organizzato un evento che coinvolgerà le scuole, cittadinanza e autorità locali. A proporre riflessioni sul tema saranno, in occasione di tre incontri pubblici, due ospiti d’eccezione: il dottor Fausto Cardella, procuratore generale di Perugia ora in quiescenza (nel 1992 applicato alla Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanisetta, che ha seguito le indagini delle stragi di Palermo), e il dottor Guido Rispoli, procuratore generale di Brescia in carica.

Dottor Rispoli, torna nella “sua” Merano per parlare di legalità…
Ne sono onorato, anche se credo che la mia presenza possa passare tranquillamente in secondo piano, considerato che condividerò lo stesso tavolo dei relatori con una grande personalità del mondo della magistratura. Fausto Cardella è stato assieme ad Ilda Boccassini il pubblico ministero che ha condotto proprio l’indagine sulle stragi di Falcone e Borsellino, colui che ha interrogato gli imputati, ha visto le immagini, ha sfogliato le foto e parlato con i testimoni. Insomma, un vero protagonista delle indagini, e credo che per Merano sia un’occasione imperdibile.

Come ricorda quei terribili giorni del 1992?
Ero un giovane sostituto alla Procura di Bolzano, avevo 31 anni, avevo appena iniziato il servizio, cercavo di impadronirmi delle nozioni per fare bene il magistrato, e quei fatti mi colpirono molto: Falcone e Borsellino erano due personaggi quasi mitici, e il loro omicidio colpì tutti noi, avevamo a che fare con una mafia molto aggressiva. Fra l’altro ricordo quell’anno molto bene, perché era anche ammorbato dal caso di Marco Bergamo, il “mostro di Bolzano”, del quale mi occupai per gli anni a seguire.

Era anche l’anno dello scoppio del caso Mani pulite…
Già, quest’anno è anche il trentennale di Mani pulite. L’incontro del 27 maggio a Merano sarà un’occasione per parlare anche di questo.

Qual è la situazione attuale in Alto Adige? Ritiene possibile che la mafia possa infettare anche questa provincia?
Farei innanzitutto una riflessione sulla definizione stessa del concetto di mafia, e per farlo bisogna mettere mano al Codice e parlare brevemente dell’articolo 416 bis, quello che parla del reato di Associazione di tipo mafioso (vedi riquadro a pagina 4, ndr.). Parliamo di mafia quando la criminalità organizzata muove i suoi passi nella società con l’intimidazione e prolifica con l’omertà. Io credo che nelle nostre terre non ci possano essere le basi perché questo possa accadere, sotto questo punto di vista la società è molto sana, e non accetterebbe questo tipo di intimidazioni. Ma ci sono altri modi molto pericolosi perché la mafia possa attecchire: la malavita dispone di grandi capitali, e potrebbe facilmente infiltrarsi in realtà economiche che sono anche perfettamente funzionanti.
Faccio un esempio: prendiamo un’azienda che sta vivendo un periodo di difficoltà economica, magari dettata anche dal Covid; si presenta un potenziale socio che si propone di salvare la situazione mettendo a disposizione la propria disponibilità di liquidità. L’azienda non può che essere felice di questo aiuto, ma può accadere che questo potenziale socio possa utilizzare denaro sporco da riciclare, quindi frutto di attività criminali, e che lentamente possa prendere il controllo dell’azienda e che la utilizzi per commettere altri reati. Il problema ulteriore è che questo soggetto potrebbe poi entrare nel mondo della società civile, muoversi con il “colletto bianco” all’interno della comunità, nel settore economico, produttivo, ma anche associativo e culturale. Insomma, non c’è il malavitoso che porta a termine un’estorsione bruciando la macchina o il negozio, ma c’è una criminalità che potrebbe inserirsi anche in Alto Adige nel mondo dell’economia utilizzando le risorse in nero che ha, e questo lo considero pericolosissimo.

Come sta andando la sua carriera e la sua vita a Brescia?
Sono davvero molto soddisfatto, sotto più punti di vista. Dopo il mio incarico alla procura di Bolzano ho avuto la possibilità di andare a Campobasso, e qui mi sono calato in un mondo completamente diverso, un’esperienza davvero formativa, per quanto faticosa anche perché parecchio lontana da casa mia. Ma grazie a questo ruolo sono riuscito ad ottenere i tioli per ambire a Brescia; qui la Procura generale coordina ben quattro Procure – Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova – più quella dei minorenni. Dal punto di vista professionale è interessantissimo e molto formativo, e oltretutto è molto più vicina a Merano, dove vive la mia famiglia, con la quale oggi riesco a trascorrere molto più tempo. È faticoso, certo, ma è un prezzo da pagare; poco tempo fa si era affacciata la possibilità di ambire al ruolo di Procuratore generale di Trento, ma non mi sono neanche candidato: mi piacerebbe portare avanti questo percorso a Brescia nel migliore dei modi.

Dove si vede nel prossimo futuro?
In realtà questo potrebbe anche essere l’approdo finale; potrei riuscire ad andare in pensione fra sei o sette anni. Però la vita è una continua sorpresa, non si sa mai cosa può accadere. Ecco, se proprio avessi la possibilità di scegliere il mio futuro non mi dispiacerebbe vedermi in Cassazione. Ho operato molto nel Primo grado in Alto Adige, altrettanto nell’Appello sia a Cambobasso che a Brescia: potrei completare la mia vita professionale in Cassazione nella Procura generale, dove potrei seguire i reati tributari, economici, di riciclaggio, magari legati alla criminalità organizzata.Palermo), e il dottor Guido Rispoli, procuratore generale di Brescia in carica.

Autore: Luca Masiello

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