Storia di una “radio a colori”

Attualità | 7/4/2022

Chi ha superato gli “anta” se la ricorda bene: negli anni in cui l’offerta in FM non era esattamente ricchissima, un gruppo di meranesi gettò le basi per la prima radio libera in lingua italiana, “Radio Maia”. Ecco la sua genesi, raccontata in prima persona da uno dei pionieri dell’epoca.

C’è stato un periodo, che definire pionieristico è ancora poco, in cui si fece il grande salto nel buio di quelle che venivano chiamate le “radio libere” e – ancora prima che la legge lo consentisse – “radio pirata”.
A Merano il primo che ci provò, era più o meno il 1976, fu Christian Chindamo che fondò la “Freie Südtiroler Welle” (Fsw). Ma in un fienile nella “profonda” Maia Bassa, in via Fink, una coppia di “visionari”, Alberto Ansoldi e Franz De Bertoldi, già tramavano per provare a mettere in piedi una radio privata che trasmettesse in lingua italiana.
Nacque così “Radio Maia”. Le dotazioni tecniche erano una malconcia antenna sul tetto, che irradiava malamente il proprio segnale nemmeno a tutta la città, un mixer, due giradischi, un microfono e un registratore. Quando arrivò un mitico “Revox” (registratore ad alta fedeltà dell’epoca), fu grande festa. Con le sue bobinone poteva mandava musica h24, o meglio fino a quando… il nastro non finiva.
Il tutto era nel fienile di un maso, sotto di noi le mucche.
In quel fienile entrai per la prima volta, insieme all’amico Renzo Gatti, per trasmettere un programma che mandava canzoni dei Beatles con i nostri commenti.
Da lì in poi fu tutto un crescere, anche se in mezzo a molte difficoltà.

DAL FIENILE AL CASTELLO

La radio traslocò in una sede più degna, ma non ottimale, in via Schaffer, e grazie ad un tecnico competente come Luciano Cirolini piazzammo l’antenna a Castel Verruca da dove finalmente il segnale di “Radio Maia 100,100 Megaherz” arrivava a tutta la città. Si acquistarono alcune apparecchiature per costruire una sala di regia con “di là dal vetro” lo studio per le dirette, e arrivò soprattutto un team affiatato di ragazzi che iniziò a fare trasmissioni di notiziari, rubriche, programmi di approfondimento con ospiti in studio e telecronache dirette dall’ippodromo e dallo stadio del ghiaccio, e più tardi anche dai campi di calcio. Ci coordinava Pino Rossi, che poi sarebbe stato anche sindaco della città.
Molti ovviamente i programmi musicali e anche i quiz con premi in palio per il pubblico affezionato che ci seguiva. C’era un team di amici che si riuniva a casa di uno di loro e ci sfidava azzeccando sempre tutte le risposte: si riconosceranno senz’altro in questa citazione perché molti di loro sono ancora a Merano.

UNO SPOT VINCENTE

Un giorno mi venne in mente di dire durante un programma di intrattenimento musicale, che “Radio Maia era la prima emittente a trasmettere a colori” e da allora fu sempre così. L’idea era quella che la vivacità e l’inventiva che ci caratterizzavano dovessero far uscire dall’altoparlante delle radio voci e musica delle quali si potessero percepire i colori, appunto.
In quella radio ho fatto di tutto: dalle pulizie fino al redattore e conduttore del Giornale radio, passando per il dj, il promoter di pubblicità e realizzatore dei jingle. Ore e ore di lavoro, fino a notte fonda e l’indomani via al lavoro per poi tornare il prima possibile alla radio.
Citare nomi e cognomi di chi ha vissuto quella fantastica esperienza è impossibile perché così tanta gente è passata dentro a quelle mura che ricordarla tutta è impresa titanica. Mi perdoneranno quindi tutti, se cito solo quelli con i quali ho avuto più “vicinanza”. Nella redazione giornalistica c’erano Mariano Moser, Stefano Job, Luciano Vincenzi, Giampiero Garozzo, Nerio Zaccaria, Maurizio Visintin.
Nei programmi di intrattenimento Onorio e Susy Satto, Gianni Elsner divenuto poi famoso a Roma con la sua Radio Luna, Verena Giovanazzi e Walter Sorrenti, Daniela Moscorelli e in tempi successivi l’indimenticabile Medy Vinci e Franco Maranghi, e chissà quanti altri ne dimentico…

DALLA FUSIONE AL TRAMONTO

La radio visse alterne vicende fino ad arrivare alla fusione con Radio Telenord del mitico Tullo Guiglia con i suoi figli e la signora Margherita Toscano, acerrimi nostri rivali per molti anni e poi entrati nella stessa famiglia, dopo la scomparsa del “signor Tullo”, come tutti lo chiamavano. Dalla fusione nacque “Radio 69” che poi lasciò Merano per stabilirsi a Bolzano e diventare “Radio Vox”.
Si era ormai negli anni ’90 e così il nome di “Radio Maia 100.100 Mhz” scomparve nel nulla. Il ricordo del quale vado più orgoglioso è la redazione: la gente ci ascoltava, facevamo informazione vera e avevamo in studio ospiti che ci tenevano a parlare dai nostri microfoni, perché eravamo bravi, competenti. Per il Gr facevamo collegamenti telefonici dai luoghi che la cronaca giornaliera ci suggeriva, dagli stadi facevamo le dirette prima con i mitici telefoni a gettone con le linee che cadevano sempre mentre si era in onda.
Poi vennero i collegamenti fissi fatti con le linee della Sip, la Telecom di allora. Per parlare con la regia, prima di andare in onda, usavamo dei telefoni a manovella, quelli da campo! Altri tempi, altra tecnologia, altro spirito e tanta nostalgia.
Di tutto quel lavoro pionieristico non rimane traccia purtroppo, se non nei cassetti di qualche ex: scarsissime le foto, nessuna registrazione. Da uno di quei cassetti è emerso l’adesivo, raro cimelio, testimonianza di un’impresa pionieristica.

LE RADIO LIBERE IN ITALIA

In Italia fino al 1974 i privati non potevano aprire una stazione radio, la legge riservava allo Stato l’esercizio esclusivo della radiodiffusione circolare. Le uniche eccezioni, dopo la caduta del regime fascista, erano state Radio Sardegna (1943-1952) e Radio Ferrara (per alcuni mesi del 1946). Si ascoltava la radio pubblica (Radio Rai) e si guardava la televisione pubblica (Rai TV). Solo nel Nord Italia potevano essere ricevute in FM le tre emittenti estere che trasmettevano in lingua italiana: Radio Capodistria, Radio Monte Carlo e Radio Svizzera Italiana.
Nei primi anni ’70 sull’esempio del Regno Unito, nacquero le prime radio pirata. Nel 1974 intanto la Corte Costituzionale concesse ai privati la facoltà di trasmettere via cavo in ambito locale: fu la prima storica sentenza contro il monopolio statale. La trasmissione via etere però rimaneva interdetta ai privati, ma sentendo che i tempi stavano cambiando, alcuni pensarono che prima o poi sarebbero state liberalizzate anche le trasmissioni via etere. Senza aspettare un successivo pronunciamento, furono aperte in alcune città italiane radio private via etere.
Gli apparecchi che gli italiani avevano in casa erano in grado di ricevere sia la modulazione di ampiezza (AM) che la modulazione di frequenza (FM). Però gli italiani erano abituati ad ascoltare la sola AM. Le radio private sfruttarono le potenzialità dell’FM, che presentava pregi e difetti. Un limite era l’ampiezza geografica: difficilmente un’emittente poteva coprire un’intera provincia. Le radio libere trasformarono questo limite in punto di forza: nacquero programmi indirizzati a pubblici facilmente individuabili. I punti di forza delle radio libere erano invece la possibilità di utilizzare tecnologie nuove come la stereofonia (in questo precedettero la stessa Rai) e l’interattività con gli ascoltatori, che vennero coinvolti direttamente dando loro la possibilità di telefonare nel corso dei programmi fornendo opinioni e commenti, oppure dando loro la possibilità di scegliere brani musicali di loro gradimento. Nel 1976 arrivò una seconda, decisiva, sentenza della Corte Costituzionale: venne liberalizzata la trasmissione via etere in ambito locale. Le radio libere ebbero così copertura legale; da allora poterono moltiplicarsi su tutto il territorio nazionale.

Autore: Enzo Coco

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