Nico Aldegani, archeologo sperimentale e mediatore museale presso il museo Archeologico dell’Alto Adige, ci racconta come, insieme a Alessandro Poti, ha avuto l’idea di uscire dal museo per creare attività didattiche innovative: “Un giorno con Alessandro Poti abbiamo osservato che il mondo accademico spesso comunica solo a sé stesso”. Assieme hanno fondato nel 2016, l’associazione AEA – Alpine Experimental Archaeology di cui oggi fanno parte, oltre a Nico ed Alessandro che si occupano di preistoria, anche anche Anna Bernardo e Marcello Beato che curano l’archeologia classica e medievale. AEA propone, a giovani studenti delle scuole e a gruppi liberi, diversi laboratori di Archeologia sperimentale in cui i partecipanti possono mettere alla prova le loro abilità ripercorrendo in prima persona esperienze e attività tipiche degli uomini preistorici. Si spazia dalla fusione del rame e la costruzione di utensili, attraverso le stesse tecniche e i materiali adoperati dagli ominidi migliaia di anni fa perché, come ci spiega Nico, “un conto è leggere su un libro, altra cosa è metterci le mani”.
Negli ultimi anni AEA ha svolto la maggior parte delle sue attività tra le scuole dell’istituto comprensivo Bolzano 2, nel quartiere Don Bosco, dove già dal 2014 Nico aveva avviato alcune attività come esperto esterno. Secondo lui solo il confronto diretto con utensili, modalità di lavoro e perfino immergendosi nel pensiero dell’uomo preistorico permette ai ragazzi di comprendere realmente la complessità di quel mondo, che troppo spesso viene semplificato e banalizzato dai manuali scolastici. “I volumi per le scuole fanno apparire i nostri antenati come dei buzzurri cavernicoli – racconta Nico – l’uomo della preistoria viene descritto come un individuo che spaccava le cose coi sassi; questo forse potrebbe essere stato vero per l’Homo Erectus, per i primi ominidi, non certo per l’uomo di Neanderthal o Sapiens che con la pietra facevano cose spettacolari”. Aldegani e colleghi si prefiggono di far entrare i ragazzi nella mentalità dell’archeologo sperimentale, il quale cerca proprio attraverso la sperimentazione diretta di avvicinarsi il più possibile a gesti e modalità di lavoro presumibilmente adottate da uomini e donne nel passato. Nelle loro attività, spiegano la storia come qualcosa di vivo caratterizzato da una continua ricerca e propongono il metodi di ricerca archeologica come un’occasione per immedesimarsi e confrontarsi con i grandi antenati su cui abbiamo poche informazioni e ancora molte domande. I componenti di AEA utilizzano principalmente il passaparola, che per loro risulta essere una pubblicità estremamente efficace per promuovere le loro attività a progetti, aggiornando solo a volte con qualche foto la loro pagina Instagram che invece è il loro collegamento con il mondo del web.
Autore: Giada Noto, COOLtour
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