Riflettiamo sul valore delle cure palliative attraverso le parole del dott. Massimo Bernardo e l’azione dell’associazione Il Papavero / der Mohn.
“Se non posso morire a casa, allora vorrei farlo qui.”
Lo disse mia madre un giorno, durante una visita al reparto di cure palliative dell’ospedale di Bolzano, mentre aspettava di incontrare il dottor Bernardo. Era in cura, ma non ricoverata. Eppure, le bastò entrare in quel luogo per percepirne l’energia profonda: un clima fatto di ascolto, rispetto e umanità. Parole semplici, nate da un’impressione sincera, che ancora oggi porto con me.
Negli ultimi anni sono stato un figlio adulto che ha accompagnato i propri genitori nell’ultima fase della loro vita. Partendo da quel vissuto, sento oggi l’urgenza di raccontare il tema della cura delle persone anziane e, più in generale, del sistema cura, con una narrazione che non sempre coincide con l’immagine che i servizi – e chi li gestisce – propongono di sé.
Questo è il primo passo di un percorso che darà voce a professionisti, volontari, pazienti e familiari, per restituire complessità e profondità al tema delle cure.
Il desiderio di restituire uno sguardo più profondo sulla cura mi ha portato a incontrare due voci autorevoli che da anni si muovono in questo ambito: Mara Zussa, presidente dell’associazione Il Papavero / der Mohn, e il dottor Massimo Bernardo, fondatore e per lungo tempo primario del reparto di cure palliative dell’ospedale di Bolzano.
L’incontro si è svolto nella sede dell’associazione, in piazza Firmian: uno spazio che, come il lavoro che vi si svolge, è dedicato all’ascolto, alla presenza, alla relazione.
L‘INTERVISTA
Come nasce l’associazione Il Papavero / der Mohn?
Mara Zussa – Dopo un’esperienza personale, volevo fare qualcosa per il reparto. All’inizio pensavo di donare libri. Ma fu il dottor Bernardo a propormi qualcosa di più: creare un’associazione per far conoscere le cure palliative. Così, nel 2005, è nato Il Papavero.
Qual è oggi il vostro ruolo?
Mara Zussa – Siamo presenti ogni giorno nel reparto di cure palliative con i nostri volontari, che offrono ascolto, compagnia e normalità. Non svolgiamo attività sanitarie. A volte basta poco: un tè, una parola, una presenza silenziosa. È un lavoro relazionale, delicato, che parte dall’ascolto.
Avete anche un servizio domiciliare?
Mara Zussa – No. L’assistenza domiciliare è garantita dall’Azienda Sanitaria attraverso le proprie équipe. Noi operiamo solo all’interno del reparto, dove possiamo organizzare turni stabili. A domicilio servirebbero numeri e risorse che oggi non abbiamo. E poi, è bene ricordarlo: il volontario non è un operatore sanitario, ma una figura di supporto umano, non clinico.
Massimo Bernardo – Va detto però che il domicilio è parte integrante delle cure palliative, non un’alternativa. La legge 38 del 2010 garantisce a ogni persona il diritto a riceverle nel luogo che preferisce, casa compresa. Ma perché questo funzioni, serve tempo, organizzazione, e una rete strutturata. Non si può improvvisare un accompagnamento in 48 ore.
Dottor Bernardo, dopo tanti anni nel reparto lei oggi è in pensione ma resta nell’associazione. Perché?
Mssimo Bernardo – Perché è qui che posso continuare a fare ciò in cui credo. Dopo il pensionamento ho ricevuto proposte da strutture private, ma il mio posto è accanto a chi porta avanti una visione di cura fondata sull’ascolto e sulla relazione. All’interno dell’associazione collaboro sul piano scientifico e formativo, mettendo a disposizione l’esperienza maturata in anni di reparto, in un contesto dove la centralità della persona resta il primo valore. Le cure palliative non sono la fine. Sono un modo per vivere bene, anche nella fragilità.
Come spiegherebbe le cure palliative a chi non le conosce?
Massimo Bernardo – Dico spesso che non lavoriamo per la morte, ma per la vita. Il nostro compito non è “far morire bene”, ma far vivere bene fino all’ultimo.
C’è un’immagine che uso spesso: quella dell’uomo che cade da un grattacielo. A ogni piano qualcuno gli dice “fin qui tutto bene”, ma lui sta precipitando. Ecco: il nostro lavoro è aiutarlo ad atterrare il più dolcemente possibile.
Quando dovrebbero iniziare le cure palliative?
Massimo Bernardo – Molto prima. Spesso arrivano solo negli ultimi giorni. Ma dovrebbero iniziare già alla diagnosi di una malattia inguaribile, anche se mancano anni. Solo così possiamo costruire un percorso. Altrimenti, la persona non ha tempo per capire, scegliere, vivere con consapevolezza. E poi ci sentiamo dire: “Se l’avessimo saputo prima…”
Il reparto è spesso visto come un luogo triste. Ma chi lo conosce racconta altro…
Mara Zussa – Sì, molti parlano di leggerezza, perfino di serenità. Noi cerchiamo di dare valore a ogni istante. Una poesia, un gesto, un ricordo. Non possiamo cambiare il destino, ma possiamo rendere più leggero il cammino.
Perché è importante che esista un’associazione come la vostra?
Massimo Bernardo – Perché restituisce umanità alla cura. È un ponte tra il sistema sanitario e la persona. Curare non è solo somministrare farmaci, ma anche esserci, accompagnare, restare vicini. Ed è questo che cerchiamo di fare, ogni giorno.
L’ASSOCIAZIONE
Associazione di volontari che opera accanto al reparto di cure palliative dell’ospedale di Bolzano, con presenza quotidiana e attività di ascolto e supporto rivolte a pazienti e familiari.
Tra le iniziative: “A disposizione”, sportello settimanale di consulenza su cure palliative e Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT), e “I martedì del Papavero”, incontri pubblici di approfondimento su temi legati alla fine della vita.
L’associazione si sostiene grazie a donazioni, che rappresentano la sua unica fonte di sostentamento. I fondi raccolti vengono utilizzati per acquisti importanti per il reparto, tra cui arredi, veicoli e strumentazione medica.
Il Papavero / der Mohn
Piazza Firmian 1/a – Bolzano
Tel. 0471 913337
info@ilpapaverodermohn.org
ilpapaverodermohn@pec.it
www.ilpapaverodermohn.it
IBAN: IT11 P058 5611 6010 5057 1306 523 – CF: 94100310211
Autore: Till Antonio Mola