Luca Tommasini, responsabile stampa e comunicazione per l’Hockey Club Bolzano e la nazionale italiana di hockey su ghiaccio, racconta la storia, gli highlights e i traguardi dei Foxes.
Com’è stato fondato il club? Esiste una connessione con il regime fascista?
L’Hockey Club Bolzano non è nato in relazione al regime, anzi. Nel 1933 è sorto come un club formato da un semplice gruppo di giocatori sia di madrelingua italiana che tedesca che si ritrovava per giocare in zona Campiglio. A causa della guerra il Bolzano dovette interrompere le attività che ripresero all’interno della Polisportiva Alto Adige, ma solo per un breve periodo di tre anni, fino al 1948, quando la squadra riprese il nome di Hockey Club Bolzano.
Il club ha avuto tanti successi sul territorio italiano, mentre ora gioca in una lega mitteleuropea. Perchè questo cambiamento?
La storia dell’hockey italiano è molto travagliata: tra gli anni Sessanta e Ottanta e soprattutto negli anni Novanta il campionato italiano era un torneo di spicco nel panorama europeo. Con gli anni 2010 il livello è calato visibilmente. Bolzano è sempre stata una delle squadre di punta, ma nel 2013 ci siamo ritrovati di fronte a una scelta: il fuoco si era un po’ spento in città, pochissimi spettatori erano presenti alle partite e abbiamo iniziato ad arrancare. L’amministratore delegato ha deciso allora di chiedere l’iscrizione alla lega mitteleuropea per riportare a Bolzano un hockey di livello con la speranza di richiamare anche i tifosi. I buoni risultati del primo anno hanno aiutato a risvegliare la passione di chi era già tifoso. E adesso stiamo lavorando molto per creare una tradizione solida anche tra i più giovani. Un altro cambiamento importante è stato lo spostamento del palaghiaccio, da via Roma a una nuova area fuori città con la costruzione del Palaonda nel 1993, una scelta che allontanò l’hockey dai quartieri popolari. Per questo motivo, stiamo collaborando con la Provincia e il Comune per migliorare i trasporti in occasione delle partite, con l’obiettivo di ricollegare la squadra con la città e far tornare più gente allo stadio.
Quali sono le personalità più significative nella storia della squadra?
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta abbiamo iniziato ad avere giocatori veramente forti che hanno lasciato il segno, da meteore come Kent Nilson, giocatore NHL, a giocatori che hanno iniziato a far parte fissa della squadra come i due russi Maslennikov e Vostrikov — il Volga Express. Nel 1994 Jaromir Jagr – che è uno dei giocatori più leggendari di sempre nella storia – è passato dall’HCB. Poi ci sono stati Gino Pasqualotto, simbolo di Bolzano, Martin Pavlu, uno dei migliori giocatori italiani di sempre, Robert Oberrauch e tanti altri.
E il rapporto con la città?
Bolzano è sempre stata una città legata a questo sport. Sin da quando si è diffuso in Nord Italia negli anni venti del Novecento, infatti moltissimi giovani sceglievano l’hockey più che il calcio come prima esperienza sportiva e questo è sempre stato un fattore fondamentale anche per la promozione di questo sport nel Nord Italia. Bolzano ha una storia particolare avendo diversi gruppi linguistici: l’hockey è sempre stato lo sport che ha abbattuto le barriere, probabilmente l’unico qui. Soprattutto negli anni in cui i gruppi non convivevano come ora, è sempre stato lo sport che ha riunito tutti. I tifosi, che condividevano la stessa passione e dopo la partita uscivano insieme, e i giocatori, di madrelingua italiana e tedesca.
Autrice: Anna Michelazzi