La figlia di Dostoevskij riposa a Bolzano

Attualità | 20/3/2025

Nel cuore di Bolzano si cela una storia affascinante e poco conosciuta: quella di Ljubov’ Dostoevskaja, figlia del celebre scrittore russo Fëdor Dostoevskij. Giunta in città negli anni venti per motivi di salute, visse gli ultimi mesi della sua vita quasi dimenticata. Ma chi era realmente? Non solo la custode della memoria paterna, ma anche una scrittrice con una voce propria, autrice di romanzi e racconti che meritano di essere riscoperti. Ne abbiamo parlato con Marina Mascher, vicepresidente dell’Associazione Rus’, che da anni si dedica alla ricerca e alla valorizzazione della sua figura.

Marina Mascher, oggi parliamo di Ljubov’ Dostoevskaja, la figlia di Dostoevskij sepolta a Bolzano. Che storia è la sua?

È una storia affascinante. Parliamo della figlia di uno dei più grandi scrittori non solo della Russia, ma della letteratura mondiale. Ma come è arrivata a Bolzano? Come il padre, soffriva di diverse malattie e nel 1926 venne qui per farsi curare per problemi agli occhi. Si fece visitare alla clinica del dottor Rössler, che si trovava nell’attuale Grieserhof, poi si trasferì a Merano, dove aveva già soggiornato l’inverno precedente. Passò un periodo ad Arco, ma alla fine tornò a Bolzano, dove trascorse gli ultimi mesi della sua vita. Morì quasi dimenticata e venne sepolta nel nuovo cimitero di Gries, appena annesso a Bolzano (prima era un comune autonomo). Questa tomba rischiava di essere dimenticata per sempre, ma nel 1931, in occasione del cinquantenario della morte di Dostoevskij, un quotidiano di Vienna, la Neue Presse, promosse una raccolta fondi per erigere un monumento in sua memoria. Tuttavia, l’Italia si oppose: non dimentichiamo il contesto storico del tempo. Fu allora un giornale locale a organizzare una colletta per darle una sepoltura degna. L’incarico fu affidato a Franz Ehrenhöfer, lo stesso artista che realizzò le due statue ai lati dell’ingresso della stazione di Bolzano.

Dal punto di vista letterario, quanto è importante la figura di Ljubov’ Dostoevskaja?

È una figura interessante, perché non fu solo la figlia di Dostoevskij, ma anche una scrittrice e biografa. Per il centenario della nascita del padre, nel 1921, scrisse una biografia basata sui suoi ricordi personali. Certo, era solo una bambina di undici anni quando lui morì, ma aveva un’intelligenza acuta ed era molto legata a lui. Lo stesso Dostoevskij diceva di aver capito, fin dalla nascita, che Ljubov’ gli somigliava profondamente.

Oltre alla biografia, scrisse tre libri: una raccolta di racconti intitolata Fanciulle malate e due romanzi, L’emigrante e L’avvocata. L’emigrante, ambientato in Italia, nacque da un suo soggiorno romano, mentre L’avvocata è ambientato a Parigi. Come Associazione Rus’, con la presidente Bianca Marabini Zoeggeler e Michail Talalay ci siamo impegnati a recuperare e valorizzare la sua opera, pubblicando proprio la prima edizione in italiano de L’emigrante, con testo originale a fronte.

 oltre a una nuova traduzione della biografia paterna.

La sua vita fu segnata da eventi drammatici. Durante la Prima guerra mondiale si trovava in Europa occidentale, poi la Rivoluzione russa e la guerra civile le impedirono di tornare in patria. I suoi beni vennero confiscati e lei si ritrovò a vivere anni difficili tra Francia, Svizzera e Germania, prima di stabilirsi nella nostra regione.

Un aspetto curioso è il nome. In Europa, spesso si faceva chiamare Aimée, la traduzione francese di Ljubov’, che significa “amata”. Un nome che forse rifletteva un desiderio di affetto e riconoscimento, che però non sempre trovò nella sua vita.

La sua tomba oggi si può visitare?

Sì, ma non si trova più nel cimitero originale di Gries, che nel frattempo è stato smantellato. Molte tombe, compresa la sua, sono state trasferite al cimitero di Oltrisarco.

Trovarla non è difficile: entrando, basta seguire il porticato  a destra della cappella funeraria. A metà percorso c’è un’apertura: attraversandola e proseguendo verso la montagna, si arriva alla sua tomba. È una grande anfora, un segno discreto ma significativo della sua presenza qui. Sulla tomba c’è ancora una vecchia targa con iscrizioni pompose, tipiche dell’epoca, ma un suo lontano parente volle aggiungerne un’altra, più semplice, solo il  nome e la parola “scrittrice”. Perché questo era ciò che sentiva di essere: non solo la figlia di Dostoevskij, ma una voce autonoma.

Autore: Till Antonio Mola

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