Vita da volontario del Soccorso Alpino CAI

Attualità | 18/4/2024

Il soccorso in montagna ha una lunga tradizione e continua ad andare avanti grazie alla solidarietà, all’entusiasmo e al sacrificio di volontari che si mettono a disposizione di coloro che si trovano in difficoltà. Abbiamo avuto il piacere di parlare con un soccorritore volontario del Soccorso alpino CAI di Bressanone, Alberto Bassanello.

Quando e da cosa è nata la sua volontà di diventare un soccorritore volontario?
Sin da bambino il CAI mi ha permesso di frequentare la montagna in tutte le stagioni e molto spesso in compagnia di soccorritori o guide alpine. La loro esperienza, ma soprattutto la sicurezza che spontaneamente diffondevano nel gruppo, in qualsiasi tipo di ambiente montano, mi ha sempre affascinato. Crescendo, la passione per l’alpinismo in primis e il desiderio di poter dare una mano a persone in difficoltà in ambienti impervi, mi hanno fatto avvicinare ancor di più al soccorso alpino.

Quale tipologia di formazione è necessaria avere per entrare a far parte del soccorso alpino?
Trattandosi di un’attività tecnico/fisica, un piccolo bagaglio personale è indispensabile. Infatti, per riuscire a superare la preselezione è importante avere una base di alpinismo, di progressione su roccia (IV – V grado), una discreta tecnica di scialpinismo, aver fatto molte escursioni ed avere uno spirito altruistico. Superata la preselezione, inizia un vero percorso formativo in ogni ambito di altissimo livello che dura circa un anno in presenza di guide alpine, esperti di eli-soccorso ed in particolare di personale medico di pronto soccorso.

Qual è stato l’intervento più difficile che ha dovuto affrontare?
Esistono interventi relativamente semplici come il recupero di persone “sfinite fisicamente”, ma anche interventi più impegnativi come quelli di recupero di parapendii che atterrano sulle cime degli alberi, montain-bikers che si avventurano in discese tra i boschi oppure gli interventi di ricerca che richiedono molte risorse sia di persone che di tempo. Riflettendo posso dire che tutti gli interventi rimangono nella mente del soccorritore. Ma particolarmente complesso è stato un recupero di una scialpinista germanica a 2.700 metri su un ghiacciaio in Val d’ultimo con diverse fratture agli arti inferiori. Per puro caso – in quanto noi stavamo rientrando da una gita – ci siamo imbattuti in lei, organizzando nonostante le pessime condizioni meteorologiche un recupero con elicottero e fornendole le prime cure.


Negli ultimi anni c’è stato un incremento di chiamate, interventi e operazioni di soccorso. Ritiene che le persone affrontino la montagna con troppa leggerezza? Cosa consiglia a chi vuole avvicinarsi al mondo dello sport in alta quota?
Assolutamente sì, gli interventi aumentano di anno in anno e sono convinto che ciò sia dovuto principalmente al numero sempre maggiore di persone che frequentano la montagna, spesso ben attrezzati a livello di abbigliamento, ma non sempre con la giusta preparazione. Infatti per affrontare con un minimo di sicurezza una gita, il primo passo è sempre quello di consultare la letteratura disponibile per quel tragitto, le previsioni meteo e se possibile andare in compagnia di persone che conoscono la zona.

Ha notato un aumento del “turismo d’alta quota”? Se sì, questo cosa comporta?
La montagna è sinonimo di vita, libertà, aria pura e – considerato che oggi raggiungere quote elevate è molto più semplice grazie agli impianti di risalita attivi anche durante la stagione estiva – va da sé che il turismo d’alta quota continui ad aumentare. Ciò comporta che nei mesi di luglio/agosto e settembre le richieste di soccorso sono molto frequenti.

Qual è la soddisfazione più grande di questa attività?
Riuscire a portare in salvo una persona in difficoltà non sempre è facile e spesso richiede sacrifici, ma ti ripaga sempre a livello emotivo. Infatti, la persona coinvolta, quando vede arrivare il soccorritore a prescindere dalle condizioni in cui si trova, esprime sempre la massima gratitudine e riconoscenza.

Autore: Team di COOLtour

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