La nascita dei Prati del Talvera

Attualità | 4/4/2024

Una vicenda all’insegna del genio e della sregolatezza. Con l’aiuto di Michele Di Puppo riviviamo insieme la rocambolesca vicenda che vide la nascita del polmone di Bolzano, frequentato ogni anno da migliaia di cittadini e ospiti. 

Tra il 1970 e il 1972 si compì la trasformazione del greto sassoso del torrente Talvera in quello che a tutt’oggi sono i Prati del Talvera, una delle aree verdi più amate del capoluogo. L’opera fu resa possibile grazie alla visione, il genio e la tenacia dell’Ing. Michele Lettieri, al tempo professore all’Istituto per geometri “Delai”. L’Ing. Lettieri è scomparso nel 2016 all’età di 92 anni e questo autunno avrebbe compiuto 100 anni. Per ripercorrere la sua storia con la giusta energia, Qui Bolzano ha deciso di intervistare un suo amico, Michele Di Puppo, già assessore e vicepresidente della Provincia dal 1993 al 2003.

L’INTERVISTA

Chi era Michele Lettieri per lei?

Un amico che ho conosciuto quando ormai era in tarda età e del quale ho avuto modo di ricostruire il percorso di vita grazie ai suoi racconti. Ritengo che i Prati del Talvera siano stati l’opera più significativa nel secolo scorso per la città di Bolzano. 
Prima dei lavori, il greto del fiume era una discarica in cui si poteva trovare di tutto, calcinacci, vasi e lavandini di chi ristrutturava il bagno, ma anche immondizia dietro ai cespugli. Le scuole ci mandavano gli studenti a correre per farli sfogare e non lasciarli sempre in palestra.
Un giorno il preside di un Istituto fece notare a Michele Lettieri, allora insegnante all’Istituto Geometri, che sarebbero serviti un paio di campi di calcio per far fare dello sport ai ragazzi. 
Al tempo e dai tempi del CUC, il Circolo Universitario Cittadino, Lettieri era molto conosciuto, avendo anche una certa facilità di rapporti sociali. Consideri che conosceva anche molto bene l’ambiente militare in quanto uno dei suoi fratelli era comandante dell’ospedale militare, e suo padre sarto dell’Unione Militare, cioè l’unica azienda abilitata alla fabbricazione di uniformi. Inoltre, a Bolzano era presente il secondo reggimento Genio. Tutte queste circostanze costituivano una polvere pronta ad esplodere se ci fosse stata una miccia che la innescava. La miccia era appunto la genialità e la sregolatezza di Michele Lettieri, il quale fece partire l’opera del risanamento del greto del torrente Talvera, come diceva lui, da… fuorilegge. 

Perché il Comune di Bolzano prese la decisione di realizzare due campi da calcio? 

Perché il Genio militare aveva segnalato la sua volontà di mettere a disposizione le macchine e gli uomini per realizzare i campi sportivi, sulla base di un desiderio del Comune stesso. In realtà né l’uno né l’altro avevano mai convenuto su questa strada, ma finirono per trovarsi coinvolti, senza una delibera,  sulla scia delle proposte  che fece loro Michele Lettieri. Quindi il Genio mise a disposizione le macchine e le scavatrici, che erano residuati militari di guerra, la Giardineria del Comune pagò il carburante e, quando le macchine si rompevano, si occupò anche della realizzazione e sostituzione dei pezzi di ricambio. Pensi che il Genio arrivò a chiedere agli altri comandi in giro per l’Italia di mandare altre macchiine, anche scassatissime, che vennero cannibalizzate per i pezzi di ricambio in modo da poter andare avanti coi lavori. Questi poterono proseguire anche grazie alla facilità che aveva Lettieri nel suo rapportarsi con le imprese edili. Lui era un “ingegnere strutturista” e aveva molti clienti tra le imprese locali, solo che spesso “si dimenticava” di mandare il conto dei progetti fatti e quindi queste si trovavano in debito verso di lui. Fu così che nei passaggi più difficili si fece mandare specialisti per gli scavi, oppure materiali particolari, come ad esempio i massi ciclopici che sostengono il terrapieno dei due campi di calcio. Questi in sostanza venivano prelevati in cava, portati e messi in opera gratuitamente. Quindi se oggi noi possiamo usufruire dei Prati del Talvera, dobbiamo ringraziare questa persona che non aveva nessun tipo di considerazione per le… formalità.

Quanti mezzi vennero utilizzati per lavorare nel greto? E quanti soldati e studenti?

I mezzi erano una ventina circa. Quanto al numero di persone: le classi venivano portate sul terreno a rotazione, calcoliamo 25 studenti per classe… Se fossero fatte ruotare tre classi, sarebbero stati già 75 studenti. Tra i soldati, oltre agli operatori dei mezzi, c’era anche chi faceva servizio a terra, quindi potevano essere altri 30-40 uomini, tant’è che arrivavano al cantiere con due camion e c’era la corsa in caserma a chi saltava su. Piuttosto che fare servizi di caserma i soldati preferivano venire qui ai Prati e c’era la corsa per accaparrarsi la macchina più comoda per lavorare. Quindi c’era un entusiasmo straordinario; c’era chi addirittura saltava l’intervallo per non perdere la macchina.

E i lavori erano tra Ponte Sant’Antonio e Ponte Talvera, giusto?

Michele Lettieri mi raccontò che il progetto aveva bisogno di consenso, per cui decise di iniziare da Ponte Talvera, in quanto la gente che passava si affacciava al parapetto e vedeva queste macchine, questi soldati lavorare e quindi nessuno ebbe più il coraggio di ritirarsi dall’opera, né il Comune, né i militari. Poi i campi da calcio vennero fatti, ma furono l’ultima opera in tutto questo cantiere.

Può raccontarci qualcosa su come Lettieri fosse come insegnante?

Si dice che non si limitasse ad insegnare la topografia, e a portare gli studenti nel greto del torrente per un’ora. Lui “si dimenticava” di farli rientrare (e pure di dar loro i voti), per cui saltavano anche le altre lezioni, mandando su tutte le furie il suo preside, l’ingegner Morrione. Gli studenti collaborarono attivamente alla progettazione dei lavori. E una volta diplomati, questi ragazzi erano geometri veri, visto che la pratica l’avevano fatta realmente. 

Ha qualche ricordo recente di Michele Lettieri?

Ricordo l’ultima volta che se l’è sentita di fare una passeggiata da Via della Roggia, dove abitava nella casa di riposo, fino all’inizio del Ponte Talvera, dove ci siamo affacciati al parapetto. Era un Martedì Grasso, i Prati erano pieni di bambini in maschera, l’erba confusa con i coriandoli. Devo dire che la vista di Michele Lettieri non era più così capace di distinguere, però si capiva che respirava a pieni polmoni. Quel vociare, quei colori, quel movimento sui suoi prati. Credo che si sia portata via quell’immagine fino all’ultimo minuto della sua vita.

Autore: Till Antonio Mola

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