Joško Mukić lavora da oltre quindici anni nella portineria dell’azienda Athesia di Bolzano Sud. Nato in Croazia, è un campione internazionale di scacchi e uno dei migliori giocatori dell’Alto Adige. Ad oggi ha una scuola di scacchi, una memoria di ferro e una conoscenza perfetta di cinque lingue. Gli scacchi hanno cambiato il suo modo di vivere, oggi andremo a scoprire il perché.
Ciao Joško, raccontaci un po’ chi sei…
Sono Joško Mukic, sono nato nel 1962 nella ex Jugoslavia, sono qui in Alto Adige da più di 27 anni, lavoro come portiere presso la sede di Athesia e ho una scuola di scacchi. Ogni venerdì scrivo per il giornale Dolomiten dove ho il mio angolo scacchistico che si chiama “Schachecke”.
Come ti sei avvicinato al mondo degli scatti?
È sempre stata una cosa di famiglia. Mio padre quando ero piccolo mi ha insegnato come si gioca, lui aveva imparato da mio nonno e mio nonno dal bisnonno. Solo che loro non erano così forti come me (ride n.d.r.).
Scacchi solo per passione?
Quando ero giovane era la mia professione, per otto mesi l’anno andavo in giro per tornei in tutto il mondo, ho vinto anche un titolo: “Maestro Internazionale” un titolo che si guadagna giocando bene contro i giocatori più forti. Ho girato davvero tanto con gli scacchi.
Adesso tengo lezioni di scacchi, tanti giocatori che adesso sono maestri di scacchi erano miei allievi. Un mio allievo di 17 anni adesso ha il titolo di “Maestro Italiano” di scacchi, Casadio Niccolò, è uno degli allievi di cui sono più fiero.
Ci giochi ancora?
Prima giocavo tanto, ultimamente invece ho tanti allievi e quindi principalmente insegno. Ogni tanto mi diverto a giocare agli scacchi giapponesi online, gli Shogi, ho imparato a giocarci qualche annetto fa.
A Bolzano c’è una cultura degli scacchi?
Sì! Assolutamente. Cento anni fa i migliori giocatori di scacchi al mondo giocavano a Merano e negli anni 80 hanno addirittura giocato un match per il campionato del mondo proprio qui.
Come sei arrivato qui in Alto Adige?
Per caso… se esiste il caso. Tempo fa facevo l’interprete per una ditta austriaca in lingua ungherese (parlo anche l’ungherese oltre all’italiano, il tedesco, il croato, il russo e lo spagnolo) e abbiamo fatto tappa a Bolzano per una cena, vicino a ponte Talvera. Ho sentito che si parlava anche in tedesco (all’epoca non conoscevo la storia dell’Alto Adige e nemmeno l’italiano), questa cosa mi aveva incuriosito molto e allora ho detto al mio collega “sai che cosa? Io rimango qui”. Se avessimo fatto la sosta cento chilometri più avanti, sarebbe stata tutta un’altra vita la mia (ride n.d.r.).
Quali sono le caratteristiche per diventare un forte giocatore di scacchi?
Per prima cosa ci vuole il talento, poi ci vuole il carattere e avere la capacità di saper lavorare tanto. Gli scacchi si studiano, solo giocando si ripetono gli stessi errori e non ci si migliora, bisogna studiare molto. Il miglior giocatore del mondo studia otto ore al giorno.
Poi ci vuole la passione, grande passione, ma la passione c’è solo se c’è il talento.
Perché consiglieresti gli scacchi?
Gli scacchi fanno bene alla salute, si sviluppa la memoria, la fantasia, si migliorano le capacità di calcolo e di logica. Poi diversi studi hanno anche dimostrato che aiutano le persone a recuperare dopo un ictus o un infarto. Fanno bene alla memoria, non solo per i bambini, ma anche per gli anziani. Un po’ di tempo fa mi è stata consegnata una rubrica telefonica qui in portineria dove lavoro, circa una trentina di pagine piene di numeri. Alcuni giorni dopo la ho restituita, non mi serviva più, li sapevo tutti a memoria. A 62 anni, direi che la mia memoria – grazie agli scacchi – è molto buona (ride ancora n.d.r.).
Autore: Niccolò Dametto