“Dobbiamo avere il coraggio di guardare finalmente a modelli nuovi”

Attualità | 21/9/2023

Restart è un’associazione nata nel 2020 per promuovere il cambiamento urbanistico e sociale nella città di Bolzano. Due anni fa una serie di privati cittadini si sono riuniti per avanzare proposte alternative a modelli di sviluppo urbano considerati sorpassati e far ripartire il capoluogo. Abbiamo intervistato il presidente di Restart, l’ingegnere Renato Sette, relativamente ai problemi principali della città e a come sarebbe possibile affrontarli.  

Renato Sette, quali sono gli obiettivi e le attività di Restart? 

Ci muoviamo su due livelli. Uno è propriamente scientifico. Abbiamo cercato di creare un tavolo permanente sull’urbanistica che affronti i temi della mobilità, dell’emergenza casa e di quella ecologica, studiando gli esempi virtuosi di altre città europee. Abbiamo creato un tavolo permanente chiamato “39100 BZ” che ha riunito 14 associazioni e istituzioni e nel quale affrontiamo le tematiche più incalzanti. Poi ci muoviamo anche su un piano più “popolare” perché pensiamo che uno dei grandi problemi sia la difficoltà a creare comunità nei quartieri. Per questo abbiamo organizzato un evento come il Roen Urban Party 2023 nel parco Pompei di via Roen: un importante momento di socialità in cui è stato valorizzato uno spazio pubblico anche attraverso la camminata di quartiere organizzata dalla nostra attivista Alessandra Tamassia.  

Quali sono le difficoltà maggiori in cui si dibatte la nostra città? 

Prima di ogni cambiamento credo sia necessario un cambio di mentalità su più fronti. Una grande questione è quella ambientale, legata anche ai cambiamenti climatici, che fa tutt’uno, in una lettura a sistema, con quella del traffico e della mobilità sostenibile. C’è sicuramente il problema dell’accesso all’abitazione, molto complicato per i giovani e non solo, in una città che invecchia. Bisogna quindi lavorare sul recupero della spazialità pubblica. Pensiamo ad esempio all’areale ferroviario ma anche ad altri contesti. 

Come i campi da basket e pallavolo delle scuole Archimede? 

Esatto. Sono strutture pubbliche inaccessibili durante l’estate ma che, attraverso un sistema di cancelli, potrebbero essere messe a disposizione di tutti e magari, concordando alcune regole con i condomini vicini e la Direzione Scolastica, usata anche di notte, grazie a un impianto di illuminazione. La nostra opinione è che si debba lavorare sul recupero e la razionalizzazione della proprietà pubblica. Sono obiettivi forti ma raggiungibili su cui costruire un concetto di città e comunità nuova. Lo sport e la disponibilità di spazi da gioco e socialità, possono fare tanto in questo senso. 

E per quanto riguarda il traffico? Bolzano è invasa dalle auto ad ogni ora del giorno e non solo nelle giornate di maltempo quando i turisti scendono dalle località di montagna.

Anche qui è necessario guardare a modelli nuovi. Adesso si stanno inseguendo modelli vecchi, come quello di fluidificazione del traffico. Se si costruiscono strade ed infrastrutture, questi attirano più auto. Pensiamo che una cinta che eviti il traffico di transito sia importante ma, al tempo stesso, bisogna creare una città in cui le auto viaggino a 30 all’ora, con conseguenze positive sulla salute dei cittadini. Tutte le grandi città stanno muovendosi verso quel tipo di mobilità. Dobbiamo osare, pensare a una città in cui i pendolari lascino l’auto fuori in parcheggio intermodali e possano contare su collegamenti continui, puntuali e con frequenza elevata. Confinare le auto all’esterno della città non vuole dire condannare a morte i negozi. Nelle zone tolte al traffico automobilistico a Barcellona, il commercio di vicinato è rifiorito.  

A Bolzano il costo dell’abitare è proibitivo. Studenti universitari, lavoratori, professionisti sono scoraggiati dal trasferirvisi e chi non può contare sulla ricchezza familiare, spesso è invogliato a cambiare città. Cosa può fare la mano pubblica? 

Anzitutto avviare una pianificazione urbanistica sistemica seria. Il Comune dovrebbe fare una mappatura di tutte le aree dismesse ma disponibili. Non solo l’areale ma anche spazi in zona industriale o ai Piani: con un po’ di logica potrebbero essere messi a disposizione e rappresentare la base per un grande “Piano casa” pubblico in cui si dialoga anche con imprenditori privati per mettere a disposizione nuovi alloggi a prezzi calmierati nel giro di cinque anni. Prima è impossibile.  

Sull’areale ferroviario a che punto siamo?

Il progetto è del 2012 non è ormai più attuale. Abbiamo bisogno di riprenderlo in mano attraverso una cabina di regia di esperti, poiché c’è in gioco un brano di città che dovrà essere pensato e pianificato per rispondere in modo flessibile a domande ed istanze urgenti ed in divenire; i tempi, quindi, si allungheranno ancora. Avrebbe potuto essere un elemento di stimolo per un nuovo modello di vita urbana e noi ci crediamo ancora. Per questo abbiamo fatto partire un laboratorio di idee con lo IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia) per cui gli studenti presenteranno 16 progetti, in particolare sul Centro natatorio. Parteciperà anche Tania Cagnotto, per cercare di cominciare a lavorare concretamente su questa rielaborazione delle intenzioni progettuali originarie. L’Areale può e deve essere il fiore all’occhiello del Capoluogo e dell’intera Provincia. 

Autore: Nilo Ruggeri

 

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