Daniele Rielli è recentemente tornato a Bolzano per proporre in forma di lettura scenica alcuni passaggi dal suo ultimo romanzo “Il fuoco invisibile” (edito da Rizzoli). Il tema è quello del dramma ecologico e sociale legato all’arrivo in Puglia del temuto betterio Xylella, che ad oggi ha fatto morire 21 milioni di olivi in Puglia. Lo abbiamo incontrato, ripercorrendo i suoi inizi, fino ad arrivare al suo ultimo romanzo.
Daniele Rielli, a 40 anni lei è uno scrittore di successo, ma ha iniziato come blogger.
Ho sempre desiderato fare lo scrittore e il blog fu una possibilità per scrivere delle cose che le persone potevano leggere. Andò bene e da lì a breve fui contattato da alcuni giornali, locali e nazionali, con i quali cominciai a collaborare.
Nel frattempo, io comunque stavo già lavorando da anni al mio primo libro, che poi uscì per Bompiani.
Lei vive a Roma, ma resta molto legato a Bolzano. Nel 2019, per esempio, ha realizzato Hockeytown, un documentario sull’hockey nel capoluogo altoatesino.
Io ho giocato nelle giovanili dell’Hockey Club Bolzano, e per anni ho seguito anche la prima squadra. Dopo un periodo di allontanamento, avevo ripreso a seguire l’hockey, specie con l’ingresso del Hcb nella Ebel Cup, il campionato austriaco. Nella stagione 2017 / 2018 ho cominciato a seguire delle partite del Bolzano e la squadra, nonostante un inizio di campionato difficile, mi sembrava forte. Mi sono detto: secondo me questi vincono il campionato e quindi ho messo in piedi questo documentario. E poi è successo che il campionato lo hanno vinto davvero e quindi sono stato anche fortunato. La storia era talmente forte che ne è venuto fuori un prodotto che è piaciuto e che continua a piacere perché adesso su YouTube continua a essere visto tutti i giorni, e questa è una grande soddisfazione.
Veniamo al presente: ne “Il fuoco invisibile”, il suo quinto libro, ricostruisce le vicende legate all’arrivo in Puglia di Xylella, un batterio che ha causato la più grave epidemia delle piante al mondo…
Io però l’ho raccontata in un libro che non è un saggio scientifico, anche se c’è una parte scientifica e dettagliata, perché comunque quando scrivo di realtà mi piace essere preciso; le ho raccontate attraverso le vite delle persone che sono state travolte da questo evento catastrofico.
È successo che degli scienziati di eccellenza mondiale hanno scoperto la malattia e sono stati poi accusati di averla diffusa. Poi ci sono state tutta una serie di teorie del complotto, che si sono affermate prima nelle piazze, poi sui social network, poi anche presso le istituzioni, e hanno reso molto difficile il contenimento della malattia, per cui si è passati in poco tempo da qualche migliaio di piante malate ai 21 milioni ad oggi. Però l’epidemia non è stata fermata, anche se viene contenuta meglio rispetto ai primi anni. Sono passati dieci anni, ma la situazione è veramente surreale e il libro è un po’ il resoconto di questa grande illusione collettiva che ha fatto in modo che il problema fosse gestito così male.
Grazie al Teatro Stabile si è presentato a Bolzano con una lettura pubblica di estratti da questo suo romanzo…
Si tratta di un primo passo, sarebbe bello poi svilupparne un vero e proprio monologo. Il libro è ricchissimo di materiale storico, biografico, narrativo e scientifico. I livelli sono tanti, ma ho lavorato molto per renderlo così fruibile ed è per questo che ho usato un approccio narrativo. Ora, trasportare tutto questo in un’ulteriore riduzione non è facile, però sarebbe interessante provarci.
Autore: Till Antonio Mola