Ai Piani di Bolzano, nei pressi del Parcheggio Mayr Nusser, c’è la sede della Biblioteca Culture del Mondo, una biblioteca con alle spalle una storia importante. QuiBolzano ha incontrato Mauro Di Vieste, per capire passato e presente di questa importante istituzione culturale.
Può raccontarci qualcosa sulla storia della biblioteca?
La nostra biblioteca è nata nel 1985 con il nome di Centro Terzo Mondo, “Dritte Welt Zentrum” in tedesco, e aveva la propria sede sotto i Portici, al numero 49. Successivamente, con l’evolversi del concetto di terzo mondo, questa definizione non ci sembrava più così calzante e nel 1995 abbiamo deciso di cambiare il nome in Culture del mondo. Ci siamo sempre occupati di questioni relative al sud del mondo, dei suoi rapporti economici con il cosiddetto occidente, ma anche di religione, di cibo e di letteratura, insomma, tutto ciò che riguarda le relazioni tra il nord e il sud del pianeta. In catalogo abbiamo molti materiali specialistici, ma il taglio è sicuramente abbordabile: libri per bambini, romanzi, e poi, ovviamente, la saggistica su diverse aree del del sud del mondo, ma anche questo concetto non è da intendere in forma così ristretta.
Siete una biblioteca inserita nel sistema bibliotecario provinciale in lingua italiana.
Sì, ormai da parecchi anni facciamo parte del sistema delle biblioteche specialistiche di lingua italiana della Provincia. I nostri testi sono inseriti nello stesso catalogo provinciale.
La vostra prima sede era centralissima, ora siete in via Macello 50. Vi sentite un po’ in periferia?
Quando ci siamo trasferiti qui, nel 2015, ci sembrava profonda periferia, ma nel giro di pochi anni, un po’ per la presenza del Cineplexx, un po’ per l’apertura di grandi uffici, che sono stati edificati oltre la nostra zona, abbiamo cominciato ad apprezzare la nostra posizione. Siamo nel tratto di via Macello, dall’altra parte di Piazza Verdi, a pochi metri dall’uscita del sottopassaggio pedonale che collega il parcheggio a Piazza Verdi, in una zona che è stata parecchio riqualificata. Quindi, posso dire che ci sono utenti che scendono in pantofole e altre persone che arrivano da altre zone della città attraverso il sottopassaggio o anche con l’autobus numero 1.
Occupate degli spazi luminosissimi, al piano terra di un edificio di costruzione recente. Siete solo biblioteca o ospitate anche altre attività?
È tutto molto bello, grazie allo spazio aperto con le vetrate sull’intero perimetro, una condizione che ci dà molta visibilità, oltre ad aumentare la qualità della vita per chi ci lavora. È una situazione invidiabile rispetto alla nostra sede precedente, al primo piano di un condominio in via Marconi, ma anche rispetto alla sede sotto ai Portici, stupenda, ma carente di luce solare e senza riscaldamento. Quindi, qui stiamo benissimo, i nostri spazi ci consentono di organizzare proiezioni e piccole conferenze, insomma tutta quella attività di centro culturale che viene utilizzata anche da soggetti terzi o dalle altre associazioni che hanno sede qui, o ancora da chi chiede di realizzare da noi una piccola iniziativa che non prevede più di 30 persone. Quindi sì, siamo una biblioteca ma in un certo senso andiamo nella direzione di essere anche un centro culturale.
Ci può raccontare qualcosa dell’esperienza di via Portici? Al numero 49 c’era anche la sede dell’ufficio di Alex Langer…
La mia memoria storica non arriva fino a quel periodo. So che via Portici 49 era la nostra prima sede quando Alex andò via da lì. Poi al piano sotto hanno avuto la sede la Fondazione Alex Langer e il giornale BZ1999. Ricordo che c’erano diversi artisti che avevano i propri atelier in quel palazzo: vi realizzavano i loro prodotti, ricordo le ceramiche e i prodotti in legno. E ricordo anche che a fine ottobre c’era una grande festa, una sorta di giornata delle porte aperte che coinvolgeva tutti gli inquilini.
Autore: Till Antonio Mola