Prima la Tanzania, poi la Costa d’Avorio ed ora il Nepal. Gli studi di scienze politiche e relazioni internazionali hanno portato Chiara Franchini, giovane universitaria bolzanina, a partecipare a diversi progetti di volontariato in giro per il mondo. Ma non solo, tra gli obiettivi del suo ultimo viaggio c’è l’avvio di una collaborazione tra Bolzano e il Nepal.
Sei passata dall’Africa all’Asia, dove ti trovi precisamente?
Attualmente sono a Lumbini, in Nepal, una località dalle alte temperature estive e meta privilegiata dei pellegrini buddhisti e induisti. La struttura della ONG con cui collaboro è in una città, anche se il lavoro sul campo lo svolgiamo nei paesi vicino dove mancano i servizi e l’acqua corrente.
C’è stato un episodio, in passato, che ti ha fatto capire che aiutare le persone dei Paesi in difficoltà potesse essere la tua strada?
Aver avuto, fin da piccola, la fortuna di poter viaggiare e vedere altre realtà, mi ha certamente condizionata. Solo qualche anno fa non avrei mai pensato di andare in Nepal o in Costa d’Avorio. L’interesse per l’ambito di cooperazione e sviluppo gioca un ruolo importante, ma la differenza la fa la possibilità di partire.
Come hai conosciuto l’associazione con cui sei potuta partire? Ti ha spinto qualcosa in particolare?
Tramite i social media sono entrata in contatto con Atoot, la ONG con cui ho collaborato a distanza da ottobre dell’anno scorso. Essendo una ex calciatrice, quando ho conosciuto l’associazione mi ha colpito molto come questa facesse giocare a calcio le ragazze nepalesi. Utilizzare uno sport che, nell’immaginario comune, è riservato ai maschi ha un forte impatto sociale.
Tra le attività di volontariato, ora, alleni anche la ‘squadra’ femminile di calcio?
L’idea alla base della mia attività è quella di dare l’occasione alle bambine di educarsi, crescendo lontane dall’idea di doversi sposare a meno di 20 anni, che è un fenomeno molto presente qui in Nepal. Come Organizzazione cerchiamo di dare alle ragazze gli strumenti per essere libere di decidere cosa fare, mostrando che possono aspirare ad una realtà diversa da quelle a cui sono abitate, che le vorrebbe in casa a fare i lavori domestici e non a giocare, fare sport e indossare i jeans.
Prendere iniziativa e non litigare sono aspetti che si imparano tramite il gioco. Quindi sì, la dimensione del calcio femminile rientra nel mio programma di volontariato, ma ho in mente anche altri progetti da portare a termine.
Ad esempio?
In questo momento sto tenendo un workshop di fotografia rivolto a un gruppo di bambine. Dopo aver insegnato loro a usare la macchina fotografica, sarebbe bello che stampassero le loro foto e le regalassero agli abitanti dei villaggi.
Aiutate anche alcuni bambini?
Sì, qualcuno, ma proprio per le ragioni culturali di cui parlavo prima, l’associazione ha imposto una regola: ogni bambino deve coinvolgere le proprie sorelle, che, eccetto le ore di scuola, starebbero tutto il giorno a fare lavori domestici. Noi vogliamo essere un punto di riferimento, un luogo sicuro dove le bambine possano soddisfare i propri bisogni.
Autore: Andrea Dalla Serra