Tra strade pericolose e obiettivi da raggiungere la ventitreenne bolzanina Francesca Pisciali racconta la sua esperienza in Alto Adige e non solo.
Con la conclusione della sua quinta stagione da professionista nel ciclismo femminile, la giovane atleta Francesca Pisciali racconta cosa significhi far parte di questo mondo tanto spettacolare quanto pericoloso. Perchè sì, seppur migliori di tante altre regioni d’Italia, le strade dell’Alto Adige non sono sufficientemente sicure, soprattutto per chi quotidianamente si allena sulle due ruote.
“E forse – spiega Pisciali – è anche per questo che il ciclismo non è tra i primi sport che vengono in mente ai giovanissimi quando, nei primi anni di scuola, scelgono quale sport praticare. La nostra Provincia è un territorio che si presta alle due ruote, in particolare sono numerosi gli appassionati di mountain bike, ma non mancano quelli di ciclocross e strada.”
Hai iniziato da giovanissima, e ora corri con le più grandi… da dove è nata la passione che ti ha portata fin qui? Ho sempre respirato aria di ciclismo in casa e da piccola, vedendo mia sorella maggiore allenarsi in bici, ho scelto di cominciare anche io. Poi, però, in prima superiore ho smesso di correre.
Troppo studio? O insicurezza nelle strade? In realtà i periodi in cui sono andata meglio a scuola erano proprio quelli in cui praticavo sport. E, per quanto riguarda la sicurezza stradale, credo che da adolescenti non ci si renda troppo conto dei pericoli. Avevo smesso per giocare a basket, sport lasciato da parte quando poi, in quinta superiore, sono tornata sulla sella.
Ed ora, invece, percepisci di più i pericoli? Sì. E, purtroppo, non sono l’unica tra gli atleti locali a dirlo. A differenza del periodo prima del lockdown, adesso in strada c’è più nervosismo. È per questo che auspico che si riesca veramente a costruire un velodromo di ciclismo in Alto Adige e si abbia sempre rispetto di chi si allena in strada.
Hai concluso la stagione con la gara delle Tre Valli Varesine e, prima ancora, con un 16esimo posto al Giro dell’Emilia. I tuoi piani futuri? Non sono una scalatrice pura, quindi, viste le dure pendenze affrontate in Emilia sono veramente soddisfatta del risultato con la mia squadra di Bergamo, Team isolmant Premac Vittoria, squadra che però il prossimo anno lascerò tornando a correre in casa con la Mendelspeck che, per il primo anno, parteciperà ad alcune gare con i professionisti. Non è semplice vivere solo di ciclismo, soprattutto di quello femminile… non si parla di veri e propri stipendi e, in Italia, non è ancora stato riconosciuto il professionismo femminile.”
Disparità di genere anche nel mondo del ciclismo? Per le donne la categoria World Tour esiste solo dal 2018 e, se è vero che a livello internazionali si sta ampliando la possibilità di considerare le donne, non più dilettanti, ma professioniste a tutti gli effetti, ora come ora bisogna affiancare allo sport un secondo lavoro – nonostante tra allenamento e gare si debbano riservare circa 20 ore a settimana – oppure entrare nelle forze armate, con la speranza, un domani, di essere in una squadra della categoria Word Tour. Fino adesso la mia esperienza è stata solo con squadre Continental.
Autore: Andrea Dalla Serra
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