Gli italiani sul Colle e le loro memorie

Attualità | 30/9/2021

In questo numero del giornale attraverso alcune testimonianze di residenti parliamo del Colle, la frazione di Bolzano (formalmente quartiere centro storico) che si trova a circa 1200 metri di quota, collegata al fondovalle dall’omonima funivia, il primo impianto a fune al mondo per il trasporto di persone, inaugurato nel 1908.

Come abbiamo scritto lo scorso 1 luglio la località del Colle in origine era una delle 12 Malgreien, ovvero uno dei 12 rioni rurali che formavano il comune di Dodiciville e si estendevano intorno al nucleo storico di Bolzano, da cui furono inglobati nel 1911.
Oggi ci facciamo raccontare un po’ di storia di questa località attraverso la testimonianza della signora Cristina Alietti di Bolzano e gli scritti della sua mamma Vilde Balboni, oltre a quella della signora Annamaria Cavagnolo di Milano.

Cristina Alietti, come descriverebbe il Colle oggi?
Oggi il Colle consta di due alberghi più poche case, per lo più abitate in estate. Nei mesi caldi il Colle e i suoi boschi sono meta di escursionisti e fungaioli. Durante l’anno scolastico vi si recano invece quotidianamente gli alunni della scuola Steineriana.
Il Colle ha mantenuto le caratteristiche architettoniche dei primi del Novecento, non ci sono stati interventi di urbanizzazione, né ci sono progetti in tal senso. È un luogo di silenzio, vissuto più in estate che in inverno, quando spesso è molto freddo e ventoso, ma in grado di offrire splendidi colori.
Non ci sono negozi: ogni mattina il pane, il latte e le forniture per gli alberghi arrivano con la funivia. Il sabato mattina il furgone del pane vende dolci e pane freschi.

Il maso Uhl

Come è arrivata a legarsi al Colle?
Nel 1963 la mia famiglia si è innamorata di una casa risalente al 1910 di architettura viennese, rimasta chiusa per lungo tempo. Una volta acquistata è stata ristrutturata. Per raccontare cosa ha rappresentato emotivamente il Colle per la mia famiglia, mi piace proporvi un testo scritto dalla mia mamma, Vilde Balboni.
“Colle è un piccolo borgo situato a circa 1100 metri slm, una parte montuosa sotto al Monte Pozza (1615), che chiude a sud la città di Bolzano. Il monte, chiamato dai locali “Colle”, si estende verso la città presentando i suoi bellissimi boschi ricchi di ogni specie vegetale naturale verdeggiante che invitano ai sentieri che donano un panorama unico. La vista spazia dalle Dolomiti verso il lato Est fin dall’altra parte la città di Bolzano verso la Valle dell’Adige a e Sud Ovest con la catena montuosa dal gruppo del Brenta all’Ortles Cevedale; verso Nord invece lo sguardo va fino a San Genesio, Sarentino e Renon. Si tratta di un panorama che si può gustare dalla torre in legno accanto alla funivia. Durante l’estate al Colle si ammira un’alba con sorgenti di luci variopinte che filtrano tra le torri montuose delle Dolomiti: uno spettacolo unico, meraviglioso. Così anche il sorgere della luna che illumina il profilo dei boschi alberati trasformandoli in pettini luminosi. I giorni estivi godono di grande illuminazione solare e il tramonto a tarda sera presenta riflessi rossi che donano colori rosa a tutta la zona trasformandola (…)”.

Paesaggio d’inverno

Ci sono altre famiglie italiane legate al Colle?
Certamente la famiglia Cavagnolo, i signori Angelo e Mariuccia ci venivano dagli anni ’40 del secolo scorso. Angelo Cavagnolo ha ricevuto la cittadinanza onoraria dall’Azienda di Soggiorno di Bolzano parecchi anni or sono. Anche Annamaria, la figlia, lo scorso anno ha ricevuto un certificato d’onore.
I suoi genitori, amici della nostra famiglia, arrivata al Colle nel 1963, sono stati l’unica comunità italiana del Colle. Sia la mia famiglia, che la sua, hanno vissuto in un ambiente sereno, mantenendo ottimi rapporti con i pochi abitanti del posto. La prima auto giunta al Colle è stata quella di mio papà Italo Alietti, che per la ristrutturazione della casa utilizzava il “Maggiolino” Volkswagen, arrivando al Colle dalla vecchia strada, un sentiero per muli, contadini e qualche passeggiatore, ora percorribile solo a piedi.

La vista dall’albergo Klaus

IL RACCONTO DI ANNAMARIA CAVAGNOLO

“Sono nata a Bolzano nel 1946. Nel 1949 venni dichiarata senza speranza: setticemia grave incurabile a causa della mia allergia alla penicillina. Il Prof. Halfer, pediatra, ebbe un’idea geniale che mi ‘salvò’, raccomandando ai miei genitori di portarmi ogni anno al Colle, da lui considerato particolarmente benefico anche rispetto ad altri luoghi montani della zona.
Al Colle l’albergo Klaus era chiuso, dopo la guerra era tornato ad essere solo la residenza abitativa dei proprietari tedeschi del maso. Prendevamo quindi in affitto una stanza ai Bagni S. Isidoro, a metà strada tra Bolzano e il Colle. Quasi ogni giorno mio padre mi portava a piedi al Colle cercando di convincere il Klaus alla riapertura, in nome della mia salute. Nel 1950 abbiamo ottenuto una stanza ‘tuttofare’ in affitto al secondo piano dell’albergo! Da allora siamo tornati ogni anno insieme ad amici, conoscenti e parenti che si innamoravano del luogo e passavano parola.
I miei due figli hanno imparato a camminare al Colle, così come tutti i miei cinque nipoti!
Incredibili sono stati gli anni in cui la funivia non funzionava poiché bombardata. In quegli anni l’impianto veniva usato come teleferica per trasporto legname… ma ci siamo saliti anche noi. Il mio papà ha anche fatto l’esperienza fermo sospeso a mezz’aria in cassetta, mentre imperversava un temporale!
La strada per le auto non esisteva, più tardi ha iniziato a funzionare una traccia su cui passava la ‘Campagnola’, il fuoristrada della Fiat del proprietario dell’albergo Klaus.
Solo negli anni ‘60 è potuta arrivare la prima automobile, se non ricordo male era il ‘Maggiolino’ del Signor Alietti. Al Colle ritrovo ogni anno le mie radici, forti e stabili, nel turbinare dei tanti cambiamenti della mia vita.
Il Colle è rimasto quasi intatto da quando lo conosco, non smette mai di stupirmi per la bellezza profonda della sua semplicità naturale e per il legame che si rinnova, pur nell’avvicendarsi delle generazioni, con le persone che ci vivono. Grazie!”

Autore: Till Antonio Mola

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