Trodena, al confine tra Bassa Atesina e Val di Fiemme

Attualità | 22/4/2021

Nel nostro immaginario collettivo, Trodena, soleggiato paese dell’Unterland montano immerso nel verde ai piedi del Cocul (ovvero cocuzzolo, reminiscenza linguistica del retoromanzo parlato fino al medioevo in queste vallate) e del Monte Corno, occupa un posto soprattutto come luogo di villeggiatura o “freschi”, come ancora oggi si usa dire in Bassa Atesina. Erano, un tempo, gli abitanti di Ora e Egna, tormentati dalle frotte di zanzare che nelle calde notti estive sciamavano sulla paludosa valle dell’Adige, a cercare riparo quassù. Tuttavia, il turismo vero e proprio, favorito dalla realizzazione della strada tra Ora e Cavalese e successivamente della linea ferroviaria austroungarica, assunse una certa rilevanza solo a partire dal XVIII secolo, quando tra Fontanefredde, San Lugano e Trodena apparvero numerose case per villeggianti. Allora, chi se lo poteva permettere, soggiornava qui fino ad ottobre e non di rado disponeva anche di un ampio orto in cui coltivare gli ortaggi di stagione.
Gli abitanti, allora come ora, erano principalmente agricoltori. La prima conta – ovviamente a fini “fiscali” – di focolari ne rilevò una ventina, per un centinaio di abitanti circa. Interessante il fatto che la misura del tributo da versare da ogni maso si esprimeva in “arimannie”, equivalente all’importo necessario alla vestizione completa e al sostentamento di un cavaliere longobardo. Poche sono invece le tracce rinvenute di insediamenti preistorici: su alcuni rilievi minori (Forchwaldspitz, Katzenschrot o Oansiedel) sono ancora visibili cumuli di pietre, in parte protostorici, in parte medievali, che potrebbero essere state impiegate nella costruzione di qualche castelliere o torre di guardia. La nascita “ufficiale” del paese risale all’anno 1111, quando il vescovo di Trento, signore anche di queste terre, concede ai signori dii Enn, che in suo nome governano su tutto il territorio dal fondovalle fino ai comuni della Val di Fiemme, di disboscare e edificare alcuni masi a nord della “clusa de Trodena”. Successivamente, il conte del Tirolo contese la sovranità al Vescovo e anche qui si impadronì, con le buone e spesso con le cattive, dei suoi possedimenti.

Chiesa di San Biagio


Trodena, il cui nome trae origine da un preromano “trodo” o “troi” con il significato di sentiero (per uomini e bestie), è ancora oggi raggiungibile dalla vecchia strada che saliva da Ora verso Gleno e Molini, secolare via di collegamento tra la Val d’Adige e la Vale di Fiemme. Uomini e animali, e in particolare gli allevatori di Trodena che godevano del diritto di pascolo invernale a Montagna, la usavano proprio per questo scopo.
Trodena è il classico comune di confine: geografico, con la vicina provincia di Trento, e culturale-linguistico, a cavallo tra mondo germanofono e italiano. Il destino di queste comunità non sempre è semplice e richiede una grande capacità di adattamento. Trodena, forse in virtù dell’antica fratellanza retoromanza, ha sicuramente affrontato al meglio questa situazione, fungendo nei secoli non da elemento divisorio ma da collante tra due realtà così diverse. Se dunque per un verso il paese è integrato da tempo immemorabile nella Magnifica Comunità di Fiemme con le sue storiche “regole” (Rigl), dall’altro esso appartiene in egual misura, per tradizioni e lingua, al territorio della Bassa Atesina. Il dialetto, tipico dell’Unterland ma arricchito da una pronuncia strascicata delle doppie vocali come, per esempio, in Haalbmitaag o Pleint, merenda di mezza mattina e polenta, ne caratterizza la colorita parlata. Negli ultimi 100 anni la popolazione di Trodena e delle sue frazioni è rimasta sempre stabile attorno ai 1000 abitanti. Certo all’attività agricola prevalente si sono aggiunti altri fattori in campo artigianale e turistico. Il paese appare per la maggior parte modernizzato e oggi sembra una comunità viva e capace di adeguarsi alle cadenze dei tempi moderni – fermo restando il privilegio di godere di una natura incontaminata e una salutare distanza dalle congestioni dei maggiori centri urbani.
Terminiamo la passeggiata per le ripide vie del paese con le sue caratteristiche case davanti alla chiesa parrocchiale dedicata a San Biagio. Nella sua forma originaria, romanica, essa dovrebbe risalire all’XI secolo mentre successivamente è stata più volte ampliata e ristrutturata, ottenendo nel XVI secolo la sua attuale veste gotica: con esclusione della torre romanica che tutt’ora ricorda la sua fondazione e funge da elemento di unione di un paese ricco di storia.

Foto dell’intero servizio: David Kurk

Autore: Reinhard Christanell

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