Prosegue la serie di contributi di Roberta Lenzi, felicitatrice del progetto “Sente-mente comunità amiche”, che approfondiscono il tema della demenza.
Quanto bisogno abbiamo di gentilezza? Oggi più che mai. La mancanza di prossimità, la paura della vicinanza fisica, la paura del contagio, il non darsi più la mano ci stanno portando via pezzi di umanità. La gentilezza è come un seme che, se messo a dimora, ci consente di continuare a curare e coltivare la nostra umanità. Ma quale gentilezza?
Essere gentili è molto più che sorridere ed essere educati. La gentilezza è l’attitudine delle persone che sanno ascoltare e incontrare veramente l’altro. È uno spazio di tenerezza e delicatezza che ha bisogno, prima di tutto, di germogliare dentro di te. La gentilezza comincia dal tuo dialogo interiore. Sì, proprio da quel continuo mormorio che occupa costantemente la tua mente. Prova ad ascoltare il suono della voce con la quale ti parli. Non conta solo quello che ti dici, ma anche come te lo racconti. Ti rivolgi parole cortesi o di biasimo? Il tono della tua voce è gentile o assomiglia al timbro che aveva qualche adulto del passato quando ti rimproverava?
È importante prendere consapevolezza della voce con la quale ti parli e fare in modo che sia gentile, che ti sappia sostenere, dare coraggio. Poi sarai pronto a seminare intorno a te quella gentilezza fatta di gesti “intenzionali e accurati” volti a fare stare bene l’altro. Spesso diamo per scontate alcune relazioni e diamo il meglio di noi con gli estranei e non con chi ci ama. Scegliamo invece di innescare intenzionalmente un “vortice di gentilezza”.
Un gesto gentile scatena per sua natura una risposta gentile, come l’onda che si propaga dopo aver gettato un sasso in un lago. Anche la scienza, che negli ultimi anni ha indagato sempre più sugli effetti fisiologici della gentilezza, ci conferma che essa stimola la produzione di molecole come la serotonina, sostanza capace di indurre calma e felicità. Vengono inoltre prodotte endorfine, antidolorifici naturali, e ossitocina, un ormone che aiuta nelle relazioni sociali, aumenta la fiducia e migliora il funzionamento del sistema immunitario. Straordinaria la scoperta che un gesto di gentilezza produce gli stessi effetti in chi lo fa, in chi lo riceve e in chi lo guarda, creando così un’onda di benessere che si diffonde.
Se poi in famiglia vive una persona con demenza, beneficerà in modo particolare dell’atmosfera accogliente e cordiale che si creerà grazie alla gentilezza. La persona che vive con demenza abita un mondo fatto di emozioni e questo sentimento, fatto di vicinanza e partecipazione, la farà vivere serenamente sentendosi avvolta in un abbraccio che infonde sicurezza.
Quindi? Approfittiamo della primavera e del suo invito alla rinascita e diventiamo seminatori di gentilezza nelle parole, nelle scelte, nelle azioni, magari proprio lì, in quei luoghi dove ne sentiamo di più la mancanza.
Prendiamoci cura delle persone che amiamo, creiamo “agguati di gentilezza” che sappiano sorprenderli: un regalo inaspettato, dei fiori appena colti in giardino, un bigliettino con una parola gentile. Attenzioni speciali per rendere speciale ogni giorno. Piccoli semi che, se curati e coltivati nel tempo, sapranno far sbocciare all’interno della Comunità la capacità di accogliere realmente l’altro, al di là di qualsiasi fragilità o diagnosi.
Autrice: Roberta Lenzi – Sente-mente felicitatrice