Con il gelo di questo lungo inverno nelle ossa, ci avviciniamo fiduciosi a Termeno. Il paese sorge su un’altura sotto i monti Göller e Roen e, in senso lato, a cavallo tra la Bassa Atesina e l’Oltradige. A quest’ora del pomeriggio il sole attraversa la valle dell’Adige trasformandola in una terra ricca di suggestioni mediterranee.
Lasciato alle nostre spalle il lago di Caldaro e attraversando i caratteristici vigneti ancora spogli dove i contadini sono intenti nelle operazioni di potatura, raggiungiamo il centro del paese, in passato più volte distrutto da furiosi incendi e dalle esondazioni del terribile rio della Val d’Inferno.
Il nome del paese, di cui conosciamo varie versioni, da Traminum a Treminde e vico Traminno, rientra a pieno titolo nel novero di quelli preromani “indecifrabili”, presenti in gran numero anche in Bassa Atesina. Il problema principale, in questo campo, non è quello di “interpretare” il significato del nome ma, prima ancora, di individuare la sua lingua di appartenenza. Una possibile soluzione è stata proposta dallo studioso Diether Schürr, che lo fa derivare dal nome proprio TRIUMUS di origine euganeo-veneta.
È invece certo che Termeno, dal medioevo fino al 1777, fu terra di proprietà dei vescovi trentini, che qui dominarono con i Vanga e i conti di Appiano. Altrettanto singolare la circostanza, citata nella lettera vigiliana, che ancora nell’anno 1000 si seguisse la legge longobarda applicata da un gastaldo.
Se secondo la legenda fu il vescovo Vigilio a cristianizzare la zona e a fondare la prima chiesa, appare singolare che questa sia stata dedicata ai santi orientali trecenteschi Quirico e Giulitta. La basilica fu ampliata e ricostruita più volte ed è dotata di un possente campanile che raggiunge l’altezza record di 87 metri. La parrocchia era tradizionalmente legata al decanato di Caldaro a pare abbia raggiunto l’autonomia in epoca tardo medievale.
In un vigneto del luogo, nel XIX secolo fu ritrovato uno stupendo menhir figurato di quasi due metri di altezza, che proietta i primi insediamenti indietro nel tempo di almeno 5000 anni, nell’età del rame.
Il nome di Termeno è legato indissolubilmente a due fattori: il carnevale e il vino. Il vitigno del Gewürztraminer, dalla classica uva rossastra, produce l’aromatico vino dal colore paglierino rinomato fin dai tempi antichi. Qui il vino ha una tradizione che precede l’arrivo dei Romani, che pure contribuirono in maniera decisiva a migliorare le tecniche di produzione e conservazione. Oswald von Wolkenstein, trovandosi al lago di Costanza nel 1416 e dovendo bere i vini locali, scrisse le nostalgiche parole “dick gen Traminn stet mein gedanck” (corre forte verso Termeno il mio pensiero).
Il carnevale, con il noto corteo di Egetmann (da un originario rito della fecondità, in cui un erpice – in tedesco Egge – veniva trascinato lungo le strade del paese), è uno dei più antichi dell’area alpina. Viene rappresentato il martedì grasso degli anni dispari e attira migliaia di curiosi. Alla sfilata possono partecipare solo uomini, per cui anche le figure femminili sono interpretate da maschi travestiti. Considerando che il paese ha 3500 abitanti e che i figuranti sono quasi mille, è facile capire come ogni famiglia sia coinvolta nella sfilata accompagnata dal fracasso delle bocche di legno degli Schnappviecher, letteralmente draghi acchiappacristiani.
Chiudiamo la nostra visita sul dosso di Kastelaz, dove un tempo sorgeva un castello romano e poi quello medioevale distrutto da Mainardo II. È rimasta la stupenda chiesetta dedicata a S. Giacomo, ricca di straordinari affreschi romani del 1220 rappresentanti figure mitologiche per metà uomini e per metà animali: uomini-pesce che combattono con uomini-uccello, centauri e un uomo-cane. Forse qui si nasconde l’anima di questo paese e della gente che lo abita.
Copyright foto principale: David Kruk
Autore: Reinhard Christanell