Il belcanto come elisir di lunga vita: si può riassumere così la filosofia artistica di Martina Bortolotti. Cantante lirica residente a Salorno, dopo anni di gavetta si è ritagliata un importante spazio nella scena musicale internazionale.
L’interpretazione canora dell’Ave Maria dell’”Otello” di Giuseppe Verdi e del “Laudate Dominum” di Wolfgang Amadeus Mozart, sotto direzione Christopher Muscat nella cattedrale di San Giovanni a La Valletta a Malta è solo l’ultimo dei tanti impegni portati a compimento nel 2024 dalla cantante. A questi si aggiungono una serie di concerti di Natale, tra cui uno a Bergamo sotto la direzione di Damiana Natali. “Mi hanno conferito il premio ‘Eccellenze per la lirica’ a Modragone – riferisce -. Mi sono esibita in una serie di concerti con il baritono Luigi Cirillo che sono piaciuti a tal punto che siamo stati invitati negli Stati Uniti per una tournée.”
Martina Bortolotti, com’è iniziata questa avventura nel mondo dell’opera?
Ho sempre amato la musica. Da bambina facevo balletto e c’era una pianista che accompagnava le classi di danza. Lì è nata la passione, dapprima per il pianoforte e poi per il canto. Ho avuto una gran fortuna, perché le maestre delle elementari e delle medie ci facevano cantare tantissimo e si partecipava a molti concorsi di coro.
Erano difficili, gli studi?
È stato difficile trovare degli insegnanti di riferimento. Ho avuto la fortuna a trovare in Vito Maria Brunetti di Bolzano un bravissimo insegnante, che mi ha guidato verso le prime opere importanti, vincendo le selezioni.
Qual è stata la sua prima esibizione pubblica e cosa ricorda di quel giorno?
Il primo ruolo davvero grande lo ho avuto nella Bohème, una delle mie opere preferite, dove interpretavo Mimì. Ero in Corea del sud: è stato un sogno che si realizzava. Dopo aver cantato come corista prima e come Musetta poi, finalmente ero la protagonista.
Cosa le piace di più della sua professione di insegnante?
Insegno in Conservatorio e mi piace condividere, soprattutto alle nuove generazioni, le competenze che ho acquisito in questi anni. Cerco di trasmettere emozioni ed armonia agli allievi.
Pensa di riuscirci?
Penso di si, perché tra i più bei complimenti del pubblico mi è stato detto che la mia voce ha un potere curativo, fa star bene le persone anche fisicamente. In tanti mi hanno detto che ho trasmesso coraggio, energie positive. Ho ricevuto anche il premio “Books for Peace”.
Quali sono i ricordi più significativi della sua carriera?
È stato bellissimo cantare alla Fenice di Venezia durante il carnevale. Un altro sogno avverato, perché trovo che quello sia uno dei più bei teatri al mondo e in una delle più belle città del mondo. Anche aver potuto cantare al San Carlo di Napoli per gli 800 anni dalla nascita dell’università Federico II è stato favoloso.
Qualche episodio divertente?
La prima volta che feci il ruolo da solista ero così emozionata che mi sono dimenticata di uscire per i singoli applausi. Mi è stato fatto notare e mi sono rivestita, perché mi ero già cambiata. All’inizio ero molto timida, ma poi ho imparato a relazionarmi a tal punto che adesso ho anche un fans club.
Qual è la giornata tipo di Martina Bortolotti?
Gran parte della giornata la passo a fare allenamento e memorizzare i brani da cantare. Il resto del tempo lo passo a fare fitness per tenermi in forma, a insegnare agli allievi, e a fare la segretaria di me stessa.
Quali gli impegni e le ambizioni per questo 2025?
Soprattutto la tournée negli States. Poi il ritorno a Malta, a Napoli e qui in Alto Adige.
A proposito di ambizioni, le sue pensa d’averle raggiunte?
Volevo vivere di canto e ci sono riuscita. Volevo trasmettere emozioni e ogni volta sembra che ci riesca. Ho trasformato una passione in un lavoro. Quindi sono grata, felice ed orgogliosa.
Come vede il moderno mondo della lirica?
Secondo me serve insistere per mantenere la tecnica, senza spacciare per bel canto altri prodotti che nulla hanno a che vedere con questa realtà. La lirica va fruita dal vivo e deve trasmettere delle vibrazioni, oltre a conservare la tecnica all’italiana; che adesso è patrimonio Unesco.
Cosa si sente di dire ai giovani e alle giovani aspiranti cantanti liriche?
Di stare molto attenti alla scelta dell’insegnante: serve tempo ed allenamento, ma se dopo due o tre anni non si vedono miglioramenti è meglio cambiarlo.
Autore: Daniele Bebber