In un’epoca in cui si discute quotidianamente di “migranti”, ci si sofferma poco su un’altra domanda cruciale: chi sono veramente i “nativi” o “Ureinwohner” attorno a noi? Qual è il segreto che si cela nella loro storia personale e collettiva? E, soprattutto, siamo davvero così stanziali come ci piace pensare?
La scienza moderna e approfonditi studi linguistici ci offrono risposte sempre più sorprendenti ed esaustive, raccontando la storia delle migrazioni che hanno plasmato l’identità europea – e quindi nostra – attraverso l’analisi del Dna e della lingua dei nostri antenati.
Circa 60000 anni fa, un gruppo di “sapiens” lasciò l’Africa, dando il via alla colonizzazione del pianeta. Dopo 15000 anni, i loro discendenti raggiunsero l’Europa centro-meridionale attraverso il Medio Oriente. Erano persone dalla carnagione scura e con occhi chiari. L’Europa era in gran parte ricoperta da un imponente strato di ghiaccio e nei pochi luoghi vivibili si erano ritirati gli uomini di Neanderthal, arrivati dall’Africa moltissimo tempo prima. I primi Europei “moderni”, cacciatori e raccoglitori, vissero dunque fianco a fianco con costoro per molti millenni fino alla loro misteriosa scomparsa, avvenuta circa 40000 anni fa. Ciò nonostante, il loro Dna non si è del tutto estinto: ancora oggi il 2% del genoma degli Europei proviene dai Neanderthal, che dunque si sono sicuramente “mescolati” con i sapiens. Solo gli Africani rimasti in Africa ne sono privi.
Dopo il graduale ritiro dei ghiacciai wurmiani e il conseguente riscaldamento climatico, circa 14500 anni fa questi primi Europei iniziarono a spostarsi anche verso nord. Si parla di poche migliaia di persone, che seguirono i fiumi e attraversarono il continente nuovamente ricoperto di fitte foreste. Tracce significative di queste popolazioni sono state trovate anche nella valle dell’Adige, che prima di allora (mesolitico) non risulta essere mai stata frequentata: in misura maggiore in Trentino ma anche in Alto Adige. Le spedizioni estive dei cacciatori “trentini” raggiunsero in particole località lungo la cresta della Mendola e della Val di Non: Sas de la Prieda, Rifugio Mezzavia, Monte Roen, Malga Romeno, Macaion, Penegal sono solo alcuni siti in cui è dimostrato il passaggio e il soggiorno sottoroccia di queste primordiali comunità specializzate nella caccia a caprioli, camosci e cinghiali. Nel fondovalle, i siti rinvenuti sono tuttora pochi ma significativi: San Giacomo di Laives e Castel Firmiano i più importanti.
Circa 8.000 anni fa, una seconda ondata migratoria arrivò dall’Anatolia, nell’odierna Turchia. Questi uomini e donne erano agricoltori. La cosiddetta rivoluzione neolitica trasformò l’Europa, portando una nuova economia basata sulla coltivazione dei campi e l’allevamento di animali. I contadini neolitici si insediarono nei loro villaggi non più in altura ma sui conoidi del fondovalle, i terrazzamenti e a mezzacosta. Circa 5.400 anni fa, dovettero accogliere una nuova cultura, portata dai guerrieri nomadi Yamnaia provenienti dalle steppe russe e ucraine. Con sé portarono la ruota e i carri, i cavalli e, purtroppo, anche la peste, che decimò la popolazione locale. Questi nuovi abitanti si mescolarono con i contadini neolitici, imponendo la loro lingua proto-indoeuropea che ancora oggi forma la base di molte lingue moderne come le lingue latine, germaniche e slave.
Non fanno parte di questa famiglia linguistica il Basco, l’Etrusco e il Retico della zona alpina, che probabilmente sono sopravvissuti dall’epoca anatolica e possono essere considerate lingue “autoctone”. Per quale ragione questi idiomi non-indoeuropei siano sopravvissuti ancora non si sa – ed anche questa sarebbe una storia interessante da scoprire e raccontare.
Insomma, è evidente che siamo tutti figli di viaggiatori, il risultato di migrazioni e mescolanze che hanno attraversato millenni. Dai cacciatori e raccoglitori africani ai contadini anatolici, dai nomadi Yamnaia agli uomini di Neanderthal, il nostro Dna è una testimonianza vivente di come i confini culturali e biologici siano sempre stati fluidi.
Autore: Reinhard Christanell