Lo scorso 22 maggio è morto a Toronto Lino Maniezzo, un bolzanino emigrato in Canada nel lontano 1956, ma distintosi per il suo entusiasta attaccamento alla città d’origine e all’Alto Adige.
Avevo avuto modo di conoscere Lino quando, nel 2011, venni incaricato di intervistarlo per la rivista Scripta Manent edita dalla Ripartizione Cultura Italiana della Provincia. Ho pensato di riproporvene alcuni tratti, per ricordare Lino ma soprattutto alcuni tratti originali del suo sentirsi bolzanino. La sua passione lo portò, negli anni, ad essere per molti versi un bolzanino ed altoatesino molto più “doc” rispetto alla maggior parte di noi che da Bolzano non si sono mai allontanati. Significativo a mio avviso era anche il concetto “globalizzato” che Maniezzo aveva del suo essere al contempo bolzanino ed emigrato. Sul tetto e sulla balaustra del suo cottage sulla riva di uno dei laghi canadesi hanno sventolato in bella mostra le tante bandiere della sua vita, tutte orgogliosamente sventolate senza quei timori, non solo reverenziali), che proviamo molti di noi, qui in Alto Adige.
Senta Maniezzo, quando è nata la sua grande passione per tutto quello che riguarda Bolzano e l’Alto Adige?
L’ho sempre avuta sostanzialmente perché sono un avido lettore. Quando sono venuto in Canada mi sono messo a leggere tutti i libri di storia e geografia di questo paese: volevo conoscerlo ed imparare in fretta la lingua. In un secondo momento ho cominciato a leggere i libri sull’Alto Adige che avevo portato con me e quando tornavo in Italia ne recuperavo altri. Poi ho cominciato a chiedere ai miei parenti e amici di mandarmene altri. Oggi la mia biblioteca altoatesina conta più di 640 volumi.
Perché è rimasto così legato a Bolzano?
Ho lasciato Bolzano ma Bolzano non ha lasciato me. È un legame profondo e tutti i libri che ho ricevuto non hanno fatto altro che alimentare in continuazione questa mia passione. Ho anche diversi libri in lingua tedesca, questa lingua la ricordo poco perché non la pratico, ma quel poco che so mi permette comunque di leggerli. E la capacità di leggere migliora sempre di più. Leggo tanti libri così sono in grado di vedere la storia dal punto di vista dagli italiani ma anche da quello dei tedeschi. E tutti gli aspetti del passato: il fascismo, la monarchia. Ho i vari libri che sono usciti sulle semirurali. In alcuni di questi libri ci sono frammenti della storia della mia famiglia.
Cosa rappresentano le bandiere che sventolano sul suo cottage?
Ho un pennone alto con le bandiera del Canada e dell’Ontario. Poi sul terrazzo lungo davanti ho le bandiere dell’Italia, la bandiera dell’Alto Adige con l’aquila rossa. C’è anche la bandiera del Portogallo per via della mia nuora numero 1 e quella della Jamaica da dove viene la moglie del mio secondo figlio. A fianco si trovano anche la bandiera del Veneto con il leone di Venezia e quella di Rovigo. I miei genitori erano nati nel Veneto, in Polesine. Mio papà veniva infatti da Fratta Polesine (ndr si tratta di quello che fu anche il paese natale di Giacomo Matteotti, che ricordiamo in questi giorni).
Ci può dire qualcosa di più di Lei? Che lavoro ha fatto nella vita?
Il Vigile del fuoco. Sono stato primo vigile del fuoco italiano della città di York che adesso è entrata a far parte del tessuto urbano di Toronto. E sono stato il primo italiano capitano. Ho lavorato per 32 anni come pompiere ma all’inizio ho fatto anche altri lavori.
Che dire ai giovani che scappano da Bolzano?
Non ho una risposta che possa essere valida per tutti. Ognuno ha le sue idee e la sua storia. Posso solo esortarvi ad andare d’accordo. Mi viene da pensare che sarebbe bello che tutti i matrimoni fossero misti così tutti, forse, andrebbero più d’accordo. A Bolzano e in Alto Adige i muri non ci devono essere.
Autore: Luca Sticcotti