Nella casa di Markus Bertignoll a Egna, i Vigili del fuoco volontari fanno parte della famiglia da cinque generazioni: nel ruolo di comandante dal 2005 al 2018 e vice già dal 1999, è entrato a far parte del Corpo a dodici anni (era il 1985). Dal 2010 ricopre anche il ruolo di presidente dell’Unione Distrettuale della Bassa Atesina. “In un certo senso si può dire che sono entrato per tradizione di famiglia, ma non c’è mai stato ne un obbligo ne una spinta. È stata una cosa automatica”, afferma Bertignoll, nel ripercorrere le origini del proprio impegno.
“Il primo dei nostri a far parte del corpo di spegnimento, nel 1910, si chiamava Anton, il mio bisnonno. Da lì in poi siamo sempre stati presenti, con mio nonno, anche lui Anton, mio padre Herbert e mio zio Walter. Poi sono arrivati mio fratello Stefan, i miei cugini Johannes e Matthias ed io. E adesso ci sono anche i miei figli: Pirmin e Nils. Ricordo che il figlio più grande mi diceva che non voleva entrare nei pompieri; poi quando ha compiuto i dodici anni ha cambiato idea”.
Markus Bertignoll, qual è la spinta per diventare un Vigile del fuoco ed esserlo fieramente per tutta una vita?
Penso che ci siano vari motivi; da ragazzo vieni attratto da quella passione per le cose insolite, fuori dal quotidiano. Poi, quando si può realmente aiutare qualcuno iniziano le vere soddisfazioni; e poi è molto importante anche lo spirito di squadra.
Qual è la parte più complessa?
Bisogna sempre restare aggiornati per quanto riguarda gli strumenti, le attrezzature, le tecniche d’intervento. E poi – fatto non facilissimo per tutti – bisogna essere sempre reperibili. Una volta suonava la sirena, adesso non suona più tanto, perché c’è il cercapersone e quando suona bisogna partire.
Un mestiere che è cambiato parecchio nell’arco di questi decenni…
Se pensiamo che a Egna i primi pompieri andavano in intervento trainando la pompa a mano e poi con il cavallo… adesso abbiamo dei mezzi super moderni. Ho trovato delle fotografie di mio papà in cui si vedono gli squarci del piede di porco su alcune automobili per estrarre i feriti: erano altri tempi.
Come sono i rapporti fra colleghi?
I vigili del fuoco sono come una grande famiglia; qualche tempo fa siamo andati in Friuli e ci siamo incontrati con pompieri sloveni, italiani e della Nato: subito si è creato gruppo. Siamo addirittura riusciti a compiere un intervento simulato, senza esserci visti prima, con gli americani.
Quali sono gli interventi più impegnativi?
A livello fisico quelli lunghi, ad esempio quando ci sono piene dell’Adige o per la ricerca di persone. A livello emotivo sono sempre gli incidenti: non si sa mai a cosa si va incontro…
Ci sono difficoltà nel reperire nuove reclute?
Fortunatamente siamo in crescita. Si va ad annate, anche perché solitamente a presentarsi è un gruppo di amici, o un ragazzo che trascina gli amici. In generale siamo fortunati a trovare giovani o adulti. Alcuni poi entrano anche negli effettivi.
A tal proposito, cosa si sente di dire alle aspiranti nuove leve?
Di mettercela tutta, di non mollare subito, anche se ci si trova davanti alle difficoltà. Alla fine il mestiere e tutto quello che chiede, ripaga.
Autore: Daniele Bebber