Dall’ultima deglaciazione in poi, il fiume Adige è stato l’assoluto padrone dell’omonima valle. Per molti millenni, il paesaggio si presentava completamente diverso rispetto a quello antropizzato che vediamo oggi, segnato dalla distesa infinita di frutteti e, soprattutto, da un corso del fiume regolare.
Nei secoli passati, l’Adige si estendeva incontrollato da un versante all’altro delle montagne e le sue ramificazioni lambivano i conoidi su cui sorgevano i villaggi. Inoltre, portava molta più acqua, tanto che in alcuni periodi dell’anno raggiungeva un’altezza superiore da due a quattro metri rispetto a quella odierna. Durante il disgelo trascinava a valle tutto ciò che trovava sulla propria strada. Non a caso il fondovalle roccioso si trova circa 200 metri sotto quello attuale. Pioppi, ontani e salici erano gli alberi più diffusi e solo qua e là s’incontravano timidi accenni di coltivazioni umane puntualmente devastate dalla furia dell’acqua. Il terreno era umido e a tratti paludoso e non si prestava all’agricoltura. I terreni asciutti e erbosi che tuttavia si trovavano lungo il corso del fiume venivano chiamati “Auen”, dall’antico termine tedesco “ouwa”, a sua volta derivato dal germanico “awjo”. In italiano non esiste un vocabolo corrispondente e si parla quindi di prato alluvionale o, usando il latino, di augia.
Solo con le prime e molto parziali opere di regolazione del corso del fiume le cosiddette “Auen” sono andate a ridursi per lasciare il posto ai campi coltivati. Il termine “Aue” è comparso in Tirolo verso il XII secolo, e solitamente si collega ad un altro nome che lo contraddistingue. Alle porte di Bolzano erano note la Bozner Au e la Leiferer Au, adibite principalmente a pascoli. Poiché in diverse di queste “Auen” bonificate sono poi nati piccoli insediamenti, spesso hanno mantenuto nel loro nome il termine “Au” come, dalle nostre parti, Oberau e Unterau, Oltrisarco e San Giacomo, oppure, sotto Castel Firmiano, Kaiserau. Sempre nella piana bolzanina il territorio dove confluivano Adige e Isarco era chiamato “in der Owe” e nel 1160 apparvero anche una chiesa e un convento “in der Owen unter oder pei Pozen”, ovvero Santa Maria in Augia presso o sotto Bolzano. Altre “Auen” note erano la Eisachowe, l’augia dell’Isarco, e, nella zona di Appiano, la Nuzowe. “Auen” erano note anche a Caldaro e Termeno, dove un tempo passava il vecchio Adige dopo l’ultima glaciazione; qui tuttavia si parla anche di Moos, palude. Tutte le “Auen” erano di proprietà pubblica, ossia del principe-vescovo di Trento. Quando un terreno veniva invaso dall’acqua, il vescovo lo dichiarava “Au” e in tal modo lo sottraeva gratuitamente alla proprietà privata.
Al contrario delle “Auen”, i terreni ricoperti di sabbia o ghiaia erano denominati Griez o Gries. Anche su questi terreni vantavano diritti i nobili che prima o poi vi volevano edificare. Tipico il caso di Gries presso Bolzano, dominio dei signori di Greifenstein, i quali possedevano “alle die griez auf me Eisache und auf me Talverne”, tutti i terreni sabbiosi sull’Isarco e sul Talvera. Spesso Gries veniva tradotto con il termine latino Arena.
Altra caratteristica paesaggistica della valle dell’Adige erano le cosiddette “isole”. Una “Yscla Ysarci” venne ceduta nel XIII secolo da tale Dietlin Zungel a Hainrich Kienast. Queste isole erano già utilizzate per le coltivazioni ma ovviamente erano costantemente esposte alla virulenza del fiume. Isole sono note lungo tutto il corso dell’Adige e dell’Isarco, tanto che il paese di Cortina all’Adige era un’isola vera e propria e anche nei pressi di Egna si trovavano alcune isole che ancora oggi portano questo nome.
Con la regolazione del corso del fiume queste isole andarono a sparire. Emblematico a tal proposito il caso dell’ospedale costruito nel 1202 dall’ordine teutonico sulla riva destra dell’Isarco. Dopo una grande alluvione nel 1400 venne abbandonato e ricostruito, come pure il convento “in Augia”, in via Weggenstein a Bolzano. Nella nota carta topografica di Peter Anich del 1770 sono inserite isole presso Vadena e Gmund / Monte.
Molto frequenti erano le alluvioni e inondazioni. In un documento del 1256 si dice che i terreni in “terra Bozani” sono “per inundaciones frequentes acquarum terra quasi omni anno totaliter devastantur”. La stessa Egna o “Burgum Egne” fu completamente devastata nel 1220.
Nel 1339 da Egna si poteva raggiungere Termeno solo in barca. Addirittura il lago di Caldaro scomparve sotto le acque della valle alluvionata.
Autore: Reinhard Christanell