Quando si parla di castagne si apre un mondo dalle molte varietà e dalla lunga tradizione. Ricchezze che, anzitutto, dipendono dall’altezza e dai luoghi in cui si coltivano. Comunemente, alle castagne si usano attribuire dei nomi che variano da zona a zona, ma alcuni sono ricorrenti, come il marrone (castagna di buona qualità e grossezza) di cui ne sanno qualcosa gli abitanti dei Pochi.
Un abitato di qualche centinaio di anime, frazione di Salorno, arroccato sulla montagna che sovrasta la sede Municipale e storicamente vocato alla coltivazione, per appunto, del marrone, frutto invernale di cui nei decenni se ne era quasi persa memoria.
Fin quando gli alti vertici comunali, nel fare l’inventario per migliorare il paese, hanno rispolverato e stanno recuperando anche questa storia: “All’inizio erano un po’ tutti titubanti, ma da quattro anni ad oggi facciamo parte di una zona leader”, spiega Roland Lazzeri, sindaco di Salorno, e, assieme all’assessora Samantha Endrizzi, fra i promotori di questa iniziativa. “Per noi sono stati una scoperta, continuando a crescere il bosco circostante li aveva nascosti”.
L’amministrazione comunale ha iniziato a perorare la propria idea, coinvolgendo la forestale in interventi di ripristino delle essenze storiche presenti in zona. Vien da sé presumere che occorreva anche una base economica. E qui è entrato in gioco il progetto leader, quindi l’ottenimento di fondi europei e provinciali e l’alleanza ad altre realtà territoriali che presentano caratteristiche simili.
“Assieme ad un esperto – continua il primo cittadino – abbiamo unito i nostri produttori ai produttori di San Genesio e della Val d’Isarco”. Vale a dire che queste tre zone avevano, ed hanno, delle particolarità simili, che hanno portato alla nascita del progetto congiunto “Castagna d’Oro”.
“Pian piano il progetto sta arrivando alla conclusione,raggiungendo l’obiettivo di avere un luogo definito per la coltivazione dei marroni del Sudtirolo, con anche un proprio marchio. A dicembre verrà pubblicato un libro con diverse info e ci sarà una serata assieme al consorzio degli albergatori e ad alcuni cuochi, che presenteranno i prodotti con le castagne”, rivela Lazzeri, ricordando Josef Maier (coordinatore del progetto leader).
Il dettaglio
L’Alto Adige può contare su quattrocento ettari di castagneti, coltivati da cinquecento castanicoltori. Fra questi ci sono Rolando Telche Lino Schmid, residenti ai Pochi, a cui abbiamo chiesto di parlarcene. “Ci sono circa una ventina di persone che coltivano i castagni. La maggior parte sono piante secolari risalenti a Maria Teresa d’Austria. In tutto sono circa un centinaio i castagni secolari. Alcuni nel tempo sono morti, ma pian piano stanno venendo sostituiti da impianti nuovi. Il castagno è molto delicato, ma estremamente ecologico perché non è trattato e da frutti molto nutrienti e versatili a molte lavorazioni. La concorrenza aveva sfiduciato la coltivazione ed ora è tornato il trend, si facendo un bel lavoro, sono decorativi e ispirano fiducia per un futuro che, come un tempo, li vede una risorsa e non un peso”.
Autore: Daniele Bebber