Non è una novità: i lunghi mesi del lockdown della scorsa primavera, la pallida estate che le ha fatto seguito e il ritorno delle limitazioni in autunno hanno dato una sonora mazzata al mondo della cultura, e con essa al mondo musicale.
Abbiamo in un primo tempo visto e apprezzato gli sforzi dei musicisti per non finire nel dimenticatoio e per dimostrare che c’era la volontà di non arrendersi e di non farsi tarpare le ali da una situazione surreale.
Dapprima sono arrivati i concerti al balcone, poi i meeting via zoom o skype e le produzioni musicali casalinghe, con ottimi risultati anche, ma pur sempre limitati per via dell’assenza del pubblico, soprattutto nei casi dei concerti in streaming, e non ci riferiamo solo alla scena di casa nostra, ovviamente.
Il lungo periodo di assenza dai palchi ha però permesso a molti di portare a termine dei lavori che erano in cantiere e verso fine anno abbiamo visto le uscite discografiche di parecchi dei nostri musicisti: e non ci riferiamo solo alle uscite digitali o liquide (come si usa dire per la musica che non è fruibile in formato solido).
Tra le varie produzioni figlie di questo periodo balengo, a metà gennaio è stata realizzata una piccola chicca musicale realizzata con amore da un trio che per questa sua uscita ha deciso di usare la denominazione Noi 3, che è poi anche il titolo del lavoro: si tratta di Franco Mugliari, Tony Gazzignato e Walter Pitscheider, che hanno infilato in questo disco, realizzato con tutti i crismi, con stampa professionale e tanto di bollino SIAE, tutta la loro passione per un certo modo di fare jazz, molto tradizionale e d’atmosfera, basato sugli standard, come si usava una volta. Il tutto senza fini commerciali o aspirazioni di gloria, soprattutto per il piacere di farlo, ad uso e consumo proprio e degli amici.
“Il titolo Noi 3 – ci racconta il bassista e cantante del trio, Franco Mugliari – è stato discusso a lungo, soprattutto da me, tra me e me, perché in realtà il significato avrebbe voluto essere ‘noi in tre’, che sarebbe stato poco chiaro: per intenderci, nel CD ci sono dei brani in cui compaiono tre chitarre, due sassofoni, cinque percussioni, voce e basso, ma il tutto è suonato da noi tre, appunto, solo noi tre, visto che possiamo contare su Walter che suona ugualmente bene sia la chitarra che il sax ed è sicuramente il punto di forza del trio. Però ognuno ha la sua peculiarità; Tony, ad esempio, si occupa di tutta la parte tecnica: noi per registrare usiamo la sala prove dei King’s Friends, di cui Tony è il batterista, ed è lui che sa smanettare con i programmi di registrazione. Per di più si occupa anche della parte grafica del disco”.
Mugliari si schermisce sminuendo la propria importanza all’interno della formazione, relegandosi nel ruolo di un bassista non virtuoso, ma in realtà in questo disco – rispetto al CD solista pubblicato da Mugliari un paio d’anni fa, in cui il trio compariva con la medesima formazione sotto il nome di Cantina Band Trio – oltre ai suoi progressi allo strumento, ascoltate ad esempio la ripresa dello standard Fly Me To The Moon, in cui il nostro si concede anche un assolo, non è possibile non prendere atto della novità della voce.
“In realtà – prosegue Mugliari – i brani sono concepiti per poter essere suonati o ascoltati anche in versione strumentale, Walter col sax, in corrispondenza con la parte cantata, esegue anche il tema, prima dello spazio riservato all’assolo. Questo perché non ero sicuro di tenere le parti che avevo cantato. Perché io non sono un cantante . Sono nato come cantante, da teenager, con grandi aspirazioni forse, ma, diciamocelo, non con grandi capacità. Non ho voce, non ho estensione, soprattutto non ho volume. Come se non bastasse, in questo disco il cantato non era da sottovalutare, ho cantato in portoghese, lingua che non conosco e di cui mi sono fatto aiutare con fonemi e accenti, in tedesco, in francese, in italiano. Si è trattato di un impegno non da poco”.
Comunque stiano le cose, riguardo al cantato di Mugliari, ascoltando il disco del trio è evidente che la voce è invece fondamentale nell’economia del prodotto, a riprova che non sempre la tecnica è fondamentale quando c’è un grande sentimento: provate ad ascoltare la versione della contiana Via con me (It’s Wonderful), Bei Dir War Es Immer So Schön o la classica Les Feuilles Mortes: il cantato del nostro ci sta alla perfezione proprio perché ci sono il mood e la partecipazione necessari.
Certo, probabilmente siamo lontani dal disco perfetto, ma per quanto riguarda il fatto in casa – e durante il lockdown gli italiani si sono davvero sbizzarriti a riguardo, in particolare a livello gastronomico – Noi 3 o, se vogliamo, Noi in tre, ha il gusto, il sapore e l’aroma giusti.
Autore: Paolo Crazy Carnevale