Bolzano che caos, Bolzano immaginaria e il Sudtirolo in musica

Rubriche | 2/7/2020

La canzone “Bolzano”, firmata da Johnny Ponta, nei giorni scorsi è stata presentata come la prima dedicata al capoluogo altoatesino. Non è esattamente così, come viene spiegato in questo articolo che coglie l’occasione per allargare anche un po’ il discorso al resto del nostro territorio.

Si è fatto un gran parlare nelle scorse settimane della nuova canzone del countryman Johnny Ponta, una canzone dedicata a Bolzano, sua città adottiva. Nell’eccessiva risonanza data alla notizia dai media è capitato addirittura di leggere o sentire che “Bolzano” (questo è il titolo del brano, suonato per altro abbastanza asetticamente da prezzolati turnisti) è forse la prima canzone mai dedicata al capoluogo della nostra provincia. Per fortuna non è così, fin dagli anni sessanta, quando i Pooh incisero “Brennero 66”, canzone dedicata ai tristi fatti delle bombe e dei tralicci, abbiamo fruito di spesso belle (e ancor più spesso interessanti) canzoni dedicate al capoluogo e ad altre località altoatesine.
Ecco così l’occasione per rendere giustizia ad alcune composizioni e ad alcuni artisti locali che hanno cantato, nel bene e nel male, la loro terra. Per quanto riguarda Bolzano, la palma va sicuramente all’adrenalinico funky dei Modo, “Bolzano che caos”, brano irrinunciabile che esprime nel suo testo tutto il malessere di chi ha vissuto la città intorno a fine anni Ottanta, una città assai diversa da quella attuale, deserta la sera e assai poco propositiva, fatta eccezione per le brillanti iniziative di realtà culturali indipendenti e alternative. I Modo e il cantante Macao Timpone registrarono il brano nel loro disco omonimo, ma la canzone era già una hit nei concerti, grazie a un sound trascinante e a un testo che mescolava orgogliosamente Bolzano alle radici calabresi del cantante. A ruota si colloca la più recente “Bolzano immaginaria”, di Bobby Gualtirolo, un brano che esprime il difficile rapporto tra l’autore e la sua “hometown”, al punto da doversene immaginare una differente. Lo stesso autore ha scritto anche, eseguendola solo raramente in concerto, “Nato in Via Resia”. Assai più trascurabile, a livello di toponomastica cittadina la canzone “Corso Libertà” incisa da Maurizio Ingigneri su un oscuro 45 giri.
Massimo poeta dell’Alto Adige in musica è sicuramente stato Klaus Tengler, Klaus Levi in arte, visto che con questo nome ha pubblicato il suo unico album cantautorale nel 1981: proprio in quel disco accanto al bluegrass elettrico intitolato “Scalando l’Ortles” appariva “Brennero”, una fulgida perla in fingerpicking dall’immenso testo che racconta di un passo di frontiera oggi lontano anni luce da quello con l’Outlet e i turisti dello shopping. Nel repertorio di Andrea Maffei dei primissimi anni novanta fa capolino la dimenticata “Per fare un bagno a Monticolo” e rimanendo negli immediati dintorni del capoluogo incontriamo di nuovo Gualtirolo, autore della caustica “This Is Unterland” e della bellissima “Lillian, Rosemarie e il Jack di cuori”, che su una musica di Bob Dylan sposta l’azione all’ombra del Corno del Renon, dimostrando in entrambi i casi un forte legame culturale con la nostra terra.

Klaus Tengler
Copyright: Giorgio Fait


A livello di testi poetici non bisogna poi assolutamente dimenticare Georg Clementi, autore di una bellissima “Südtirol, amore mio”, apparsa sul suo LP del 1989 “Ein singender Poet”; per contro poca poesia ma tanta, tantissima energia e sagacia risiedono nel punk-rock alla Ramones dei WC, gruppo dell’altipiano dello Sciliar, che sul loro primo CD, “Menschen”, si permisero di rileggere il tradizionale “Tirol isch lai oans” ironizzando con giusta irriverenza sulle tradizioni locali a ogni costo, dai Lederhosen all’autentico speck sudtirolese fatto con carne di suini olandesi!
E che dire dei profeti bolzanini dell’heavy metal classico, quegli Skanners che hanno condiviso il palco con i Deep Purple, Ronny James Dio, le Girlschool e molti altri. Uno dei brani storici dei loro esordi s’intitolava “Oltrisarco in the night”, autentico inno al loro quartiere, anni dopo, la title track del loro terzo disco traeva invece ispirazione da una scritta rinvenuta a Castel Mareccio. I bolzanini Mad Puppet, rimanendo in ambito letterario medievale, hanno addirittura inciso un disco intero ispirato alle leggende di Re Laurino mentre nel repertorio dei Klakson, indubbiamente la band più underground del capoluogo si perde il conto delle canzoni d’ispirazione cittadina, spesso con connotazione rionale, da “Tibetani de Oltrisarco” a “Shangarola Baby”, passando per “Seven Oaks Mary” (ispirata alle presunte apparizioni della Madonna nella frazione di Settequerce), “Women From Bronzolo” e il blues parlato su Ötzi (l’unica ad aver avuto l’onore di apparire su un CD).
Vi chiederete a questo punto come sia la canzone di Johnny Ponta (https://youtu.be/TnAY7KWsli): a livello musicale è una ballata lenta, romantica, furba. Come è il furbo il testo che cita la Bolzano da cartolina che si vende ai turisti: il Catinaccio, Piazza Walther, una parola in tedesco, una citazione della più celebre fiction televisiva ambientata in regione. Tutto un po’ laccato, patinato, lontano da quell’imperfetto Sudtirolo in cui invece viviamo.

In foto principale: Johnny Ponta

Autore: Paolo Crazy Carnevale – musicofilo