Sono ormai più di 7 anni che sul nostro giornale trovate uno spazio di riflessione che cerca di andare al di là dei muri, degli steccati, dei cancelli che spesso noi stessi ci siamo posti e ci poniamo, nella nostra bella terra fra i monti, con lo scopo consapevole o inconsapevole di frenare i nostri vicendevoli incontri. Come spesso accade si tratta di bastoni tra le ruote che finiscono per diventare una zappa sui piedi. Gli esempi di ciò sono innumerevoli, non per niente questa rubrica prosegue imperterrita dal 2019, seguendo man mano ricorrenze e attualità, locale o non.
Nello specifico in questo numero Paolo Bill Valente prende le mosse dal dibattito, stucchevole, che nei giorni scorsi ancora una volta ha messo in discussione il tasso di “italianità” del nostro super campione del tennis (e del fair play) Jannik Sinner.
Il modo con cui il giovane tennista sta gestendo questo delicato (?) aspetto delle sue relazioni pubbliche è straordinario. Basso profilo, sorrisi e parole sempre e assolutamente misurate sono state da lui spese anche in questo caso, alimentando la sua ormai leggendaria fama di sportivo mai sopra le righe e quindi sempre incredibilmente in grado di rispettare tutti.
La questione, oziosa, riguarda l’identità di Jannik. Italiano? Tedesco? Sudtirolese? Oppure – in quanto star mondiale di uno degli sport più pagati del mondo – cittadino per interesse di uno dei paradisi fiscali in Europa?
Il successo di Sinner è planetario quanto la sua capacità di gestirlo. Al punto che – al netto di qualche triste eccezione nel panorama mediatico italiano – anche gli Schützen nei giorni scorsi nel criticarlo in realtà hanno lanciato un segnale davvero importante nell’ottica della relativizzazione dei confini che ci sta tanto a cuore e che Paolo Bill Valente richiama nella sua rubrica, che vi invito a leggere.
“Proprio tu, che viaggi tanto nel mondo, sai bene che apertura e diversità non sono una debolezza, ma una forza”, hanno scritto i cappelli piumati dopo aver criticato il pusterese reo di aver detto di essere contento di essere nato in Italia e non in Austria.
A nostro avviso Jannik intendeva di essere contento di essere sé stesso, ovvero essere nato a San Candido, un comune che fa parte di una provincia europea felicemente autonoma e pacificata, a due passi da un confine che oggi non è oggettivamente un problema per quasi nessuno di noi.
Autore: Luca Sticcotti