La centrale idroelettrica “Carlo Cicogna” di Cardano

Rubriche | 30/7/2020

Fra le zone di Rencio, Campiglio e Cardano, alla periferia nord di Bolzano, sorge la Centrale idroelettrica “Carlo Cicogna”. Prende il nome dall’allora presidente della Società Idroelettrica C. Cicogna che la ideò e la completò il 25 agosto del 1929. L’impianto entrò in funzione a settembre di quello stesso anno, dopo le verifiche strutturali e tecniche. Esso intercetta l’acqua del fiume Isarco all’altezza di Colma, tramite un’intercapedine mobile. L’impostazione architettonica ricorda da vicino le centrali elettriche disegnate dal futurista Antonio Sant’Elia qualche decennio prima. All’interno del palazzo del corpo centrale, a valle, è posizionata la “sala macchine” contenente cinque turbine “francis” ad asse centrale, le più potenti di quel periodo, sulle quali si innestano i cinque grandi condotti che si erigono inclinati sul pendio, verso la stazione a monte. In tale sito vengono esaltate tutte le caratteristiche della “modernità futurista”, il mito dell’elettricità, dell’efficienza, del motore e della “macchina”. L’opera allora, venne considerata fra le più innovative e moderne d’Europa, a essa si era direttamente interessato il governo centrale per l’utilizzo delle risorse idriche dell’arco alpino al servizio della nascente industria e della nuova espansione urbanistica di Bolzano, la città allora doveva raggiungere i centomila abitanti. La centrale con una linea elettrica ad alta tensione di 243 kw, esportava energia anche al servizio delle industrie della Lombardia e del Piemonte. Al corpo centrale a valle si affiancano alcune palazzine residenziali in gusto tardo-liberty, destinate al personale e alle loro famiglie in servizio alla Centrale. Esse, in qualche modo, assumono una certa dissonanza con la modernità dell’impianto, palese esempio in tale periodo storico di contrasto fra “passato” e “moderno”, tipica contraddizione anche in questo nostro territorio posto nel cuore delle Alpi.

Copyright foto principale: Davide Costanzo

Autore: Flavio Schimenti