Bombe e bandiere

Rubriche | 26/6/2025

È più di un mese che nella nostra ridente terra tra i monti non si fa altro che parlare di bandiere. Evidentemente non abbiamo di meglio da fare. Il dibattito è tutto sulla capacità che avrebbero le bandiere da un lato di unire e dall’altro di dividere. Per fortuna in queste latitudini in fatto di contrapposizioni ci limitiamo a questo. La nostra terra ha un ricco armamentario di queste dispute da rispolverare, periodicamente. A proposito: è da un po’ che non sentiamo parlare di toponomastica… che succede?
In altri luoghi del mondo sembra invece governare il caos e si intravvede un’evidente spinta verso un nuovo equilibrio (?), basato sulla forza e – nello specifico – quella delle armi. Nei giorni scorsi siamo addirittura arrivati ad una situazione in cui grandi potenze si dicono convinte che la pace si costruisce con le armi. Ma le bombe – sembrano sostenere i più – oggi non sono tutte uguali. Lo sintetizzava molto bene una vignetta che mi è capitato di incontrare sui social. Una vignetta che – guarda a caso – associa bombe e bandiere. Ebbene: nell’interpretazione comune oggi una bomba russa è definita “cattiva”, una iraniana “molto cattiva”, una americana “giusta”, una ucraina “molto giusta” e una bomba con la bandiera d’Israele di fatto sarebbe ingiudicabile, perché se la giudichi sei inevitabilmente “anti-semita”.
Anche i bambini capiscono che la deriva che sta prendendo la comunità internazionale non porterà nulla di buono e che la pace si costruisce in altro modo e non con l’accumulo e l’uso delle armi. In questo periodo c’è addirittura chi dichiara (il segretario della Nato), che il riarmo ci farà diventare più ricchi. Peccato che ogni giorno di bombardamento in questi giorni sia costato quasi un miliardo di dollari, che avremmo potuto usare in modi molto migliori. Per non parlare delle persone ammazzate, soprattutto quelle civili, che sono sempre la stragrande maggioranza in ogni conflitto. E di quelle che vivono una vita disperata, come i 120 milioni di rifugiati che ci sono oggi nel mondo, primi fra tutti quelli che sopravvivono nella striscia di Gaza.
Domandiamoci anche noi come fare per promuovere il ripristinino di un po’ di raziocinio e di responsabilità, intorno a noi. Anche il papa recentemente ha elogiato la nostra terra come terra di pace. Facciamo in modo che non rimanga un’isola.

Autore: Luca Sticcotti