Durante le feste appena trascorse ancora una volta alcune parole chiave si sono imposte all’attenzione dell’opinione pubblica.
Per prima è arrivata la parola “rispetto”, nominata parola dell’anno 2024 dalla prestigiosa enciclopedia Treccani. Nell’ambito della campagna di comunicazione #leparolevalgono, volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua, l’Istituto ha motivato così la scelta: “Per la sua estrema attualità e rilevanza sociale”. Sfogliando il Dizionario Treccani, rispetto è definito come un “sentimento e atteggiamento di stima, di attenzione, ma anche di riguardo verso una persona, un’istituzione, una cultura, che si può esprimere con azioni o parole”. “Questa parola – spiegano i condirettori del Vocabolario – dovrebbe essere posta al centro di ogni progetto pedagogico, fin dalla prima infanzia, e poi diffondersi nelle relazioni tra le persone, in famiglia e nel lavoro, nel rapporto con le istituzioni civili e religiose, con la politica e con le opinioni altrui. Il termine rispetto, continuazione del latino respectus, va oggi rivalutato e usato in tutte le sue sfumature, proprio perché la mancanza di rispetto è alla base della violenza esercitata quotidianamente nei confronti delle donne, delle minoranze, delle istituzioni, della natura e del mondo animale”.
La seconda parola messa in primo piano in questo periodo è stata “speranza” ed è stata lanciata dalla chiesa cattolica nell’atto di aprire l’anno giubilare. Il titolo del messaggio del papa che ha indetto il giubileo significativamente è stato la speranza non delude, e Francesco ha invitato i credenti (e non solo) a “non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza e invece riflettere “su tutto il buono che c’è”. Si tratta di una prospettiva che si estende dalla dimensione interiore a quella globale, pensando alle ingiustizie che non solo oggi sono ancora presenti nel mondo ma che tendono pure ad aumentare, insieme alla crescente e colpevole “normalizzazione” delle guerre da parte degli stati.
Anche il presidente Mattarella alla fine del suo discorso di fine anno ha parlato di speranza, ricordando però che “la speranza non è attesa inoperosa, siamo noi, il nostro impegno, la nostra libertà”.
Ecco dunque una terza parola chiave. Precedentemente nel discorso il presidente aveva già citato la parola libertà, associandola ad altri termini quali pace, dignità, rispetto, giustizia, democrazia. Sì, perché in una società civile e in uno stato di diritto libertà non è pensare solo ai fatti propri e ai propri interessi, come purtroppo molti di noi siamo portati a pensare. Sbagliando.
Autore: Luca Sticcotti