Parlarsi

Rubriche | 3/11/2022

Durerà poco, lo so, ma lo devo proprio dire. Della nuova legislatura appena iniziata mi hanno colpito positivamente due aspetti.
Il primo è la rapidità della formazione del nuovo governo, erano anni che non ci si metteva così poco.
Il secondo è ancora più clamoroso e riguarda i toni civili che hanno caratterizzato l’immediato dopo voto. Si è vista infatti poca tracotanza da parte dei cosiddetti “vincitori” e – di converso – anche poca demonizzazione e vittimismo da parte degli “sconfitti”. Paradossale è poi il fatto i toni più sprezzanti sono stati, dopo il 25 settembre, quelli del cosiddetto terzo polo che sulla carta era andato formandosi come reazione da una parte verso il tradizionale dualismo battagliero tra destra e sinistra, e dall’altro contro gli ex rappresentanti dell’antipolitica.
Il passaggio di consegne tra Mario Draghi e Giorgia Meloni ha confermato la tendenza – con tanto di sorrisi, cordialità, lunghi colloqui e una forma di continuità nei temi politici – che è stata subito demonizzata come presunto primo passo falso della nuova premier.
A proposito: interessante è stato anche il tono del dibattito sulla “prima volta” di una donna alla presidenza del consiglio. Anche in questo caso aleggiava un paradosso: un passo in avanti impersonificato dalla nuova leader di quelli che potremmo definire i conservatori italiani. In merito tante sono state le considerazioni ma anche in questo caso il basso profilo assunto dalla diretta interessata ha contribuito a contenere i toni, lasciando le polemiche sullo sfondo.
Sempre in tema di paradossi molto curioso è stato anche l’atteggiamento assunto dal partito di raccolta della nostra provincia, a fronte del governo italiano potenzialmente più nazionalista della storia repubblicana. Le vie sono infinite: una promessa di dialogo o – meglio – di trattativa, è stata sufficiente per sciogliere il ghiaccio e porre delle buone premesse, ancora una volta, all’insegna di un confronto civile.
Va detto che la congiuntura – politica, economica e sociale – è forse la più difficile e delicata della storia della nostra democrazia. E risulta dunque in qualche modo comprensibile che tutti i partiti abbiamo pensato in questa fase di ricondurre le proprio posizioni nell’alveo di un confronto che possa far convergere le idee e le energie, di maggioranza e minoranza (più che opposizione) verso lo sforzo comune di far scaturire il meglio. Creando con questo le condizioni ideali anche per la formazione di maggioranze più ampie, in parlamento, in caso di nuove emergenze.
In tempi cupi scegliere di parlarsi e non urlarsi è già un bel passo avanti, non credete anche voi?

Autore: Luca Sticcotti