L’Euregio sanitario mancato

Rubriche | 14/10/2021

Negli ultimi 18 mesi l’emergenza legata al Coronavirus ha evidenziato come non mai l’importanza di disporre un sistema sanitario efficiente, ben organizzato e al passo con i tempi. Un sistema sanitario pubblico, lo ricordiamo, perché pagato dai contribuenti.
Durante la pandemia è risultato ancora più chiaro il fatto che le professioni sanitarie in realtà non sono – per così dire – al primo posto nei desiderata formativi dei nostri giovani. E che dunque i professionisti già formati in questo settore sono merce rara ed è necessario corteggiarli, per non andare incontro a carenze di personale che si traducono automaticamente in calo di qualità dei servizi offerti. Si tratta di un problema che riguarda tutti i territori, nessuno escluso. Non c’è benessere che tenga, anzi. Più la qualità della vita è alta e più alto è anche il costo della vita, come ben sappiamo.
Fino a due anni fa sembrava che “i problemi” nel reperimento di personale sanitario stabile fossero bilinguismo e proporzionale, difesi come dei totem oltre ogni ragionevole pragmatismo. La pandemia ha invece reso evidente a tutti l’esigenza di andare oltre, trovando un modo efficace per formare e quindi ospitare come si deve medici, infermieri e operatori sanitari di ogni genere. Per questo appare assurdo che sulla formazione universitaria dei medici ancora una volta Bolzano e Trento abbiamo scelto percorsi diversi. O meglio: che Bolzano abbia scelto, ancora una volta, di non considerare una partnership individuata all’interno del tanto decantato Euregio. Al di là di questo è quindi incredibile che tra i tre atenei di Bolzano, Trento e Innsbruck non esista ancora nessuna collaborazione vera, degna di questo nome.
L’impressione è che l’autonomia sia concepita, oltre che come una sacrosanta salvaguardia delle specificità del nostro territorio, anche come un paraocchi campanilistico rispetto ai territori vicini. Lo sappiamo: Belluno e Sondrio sono in altri… “continenti”. Innsbruck poi negli ultimi tempi non è più così “amico” ed ha scelto altre strade durante la pandemia. E la provincia di Trento? Viene vista solo come concorrenza? Se sì, qualcuno ci spiega il perché?

Autore: Luca Sticcotti