Patrizia Civetta, dottoressa in Lingue Straniere, insegnante e collaboratrice italiana — ma stabile a Bruxelles — del centro Foyer, ci racconta le attività, gli obiettivi e i valori di questo centro culturale belga.
Come sei arrivata a Bruxelles?
Il mio incontro con il Belgio è stato una sorpresa: durante gli anni universitari ho deciso di partire con il progetto Erasmus alla volta di Parigi ma, tra una cosa e l’altra, io e un’altra studentessa ci siamo ritrovate a dover andare in Belgio. Arrivate nella cittadina in cui avremmo passato i nove mesi seguenti per studiare francese ci siamo rese conto che lì… parlavano neerlandese! Ci siamo fatte forza e siamo andate avanti concludendo il nostro Erasmus non solo avendo perfezionato il francese, ma avendo imparato anche il neerlandese, lingua con cui lavoro tutt’ora oggi. Dopo la laurea ho lavorato quattro anni come insegnante di italiano a Malles, ma la voglia di tornare in Belgio per un’esperienza professionale non mi abbandonava. Tornata qui ho insegnato italiano nelle scuole ai bambini di madrelingua italiana e, una volta concluso questo progetto scolastico, mi sono spostata al centro Foyer dove continuo tutt’ora con progetti linguistici, di integrazione interculturale e lotta ai pregiudizi.
Di che cosa si occupa il Foyer?
Il centro si trova nel comune di Molenbeek a Bruxelles. Questo è un quartiere caratterizzato da una forte presenza di immigrati e quindi, di lingue e culture molto diverse. Il centro propone varie attività per bambini e adulti che hanno come obiettivo l’integrazione culturale, l’emancipazione femminile, l’apprendimento linguistico e il superamento dei pregiudizi. Tra le varie attività linguistiche c’è, ad esempio, quella che coinvolge le 19 biblioteche neerlandesi distribuite nei vari comuni di Bruxelles all’interno delle quali organizziamo degli incontri di lettura in lingua straniera e neerlandese così che i bambini (ma anche i più grandi) possano sentire la propria lingua “domestica” accettata e messa in risalto, possano non perderla e allo stesso tempo imparare il neerlandese. Un altro esempio di questo tipo di iniziative è il nostro Kamishibai digitale: come nel teatrino tradizionale, nel nostro, scorrono le immagini della storia scelta dal bambino attraverso un touchscreen dove accanto appare la lettrice o il lettore che racconta la storia nella lingua selezionata; siamo arrivati a 21 lingue e 98 storie! E questo è solo un assaggio di ciò che proponiamo…
Per la parte di emancipazione femminile invece?
Abbiamo una parte del centro — diventata anche una piccola cooperativa in cui le donne svolgono dei lavoretti — che è, appunto, dedicata specificatamente alle donne. Qui queste ultime possono imparare ad andare in bicicletta, a nuotare oltre che a seguire altre attività e creare una rete con altre donne. È emozionante vedere quanto queste attività le aiutino e diano loro un’indipendenza che prima era molto più limitata.
Riassumendo: qual è la vostra missione?
Il nostro obiettivo è quello di riuscire a integrare le varie culture e varie lingue tra loro e lottare per un’integrazione sociale che accetti e veda il background migratorio con le sue tradizioni, lingue e abitudini differenti per quello che è: un pezzo dell’identità della persona stessa. Vogliamo che le persone si sentano a casa e valorizzate per tutte le sfaccettature del loro essere. Come ripeto sempre ai bambini che si dicono essere metà belgi e metà del paese di provenienza: “Voi non siete metà e metà, ma siete il doppio!”. Provenire da un paese diverso non è un difetto, è una forza e una ricchezza per loro, per noi e per il luogo in cui vivono.
Autrice: Anna Michelazzi COOLtour