Gabriele Antinarella, in arte Lele, classe 1938, è un barbiere, un artigiano, ma soprattutto un artista. Si è diplomato al liceo artistico di Carrara e con le sue opere ha allestito diverse mostre. Parallelamente alla sua passione per l’arte ha portato avanti la sua abilità da artigiano aprendo un salone in via Milano nel ’58. Ora che è in pensione ci racconta la sua vita e cosa lo ha ispirato nella realizzazione delle sue opere.
Da dove nasce la passione per l’arte?
Quando ero piccolo andavo a scuola solo a fine anno per farmi dare la pagella. D’inverno non riuscivo a frequentare le lezioni a causa di un problema alla gamba che mi faceva zoppicare, quindi, se nessuno mi accompagnava, era difficile per me arrivare a scuola da solo a piedi. A fine anno, quando riuscivo ad andare, non ci capivo molto delle lezioni e per questo i professori non mi interrogavano. Per passare il tempo mi mettevo a ritrarre sui banchi i profili dei miei compagni di banco, oppure guardavo fuori dalla finestra della scuola e disegnavo la campagna e gli alberi. Mi facevo ispirare da ciò che vedevo.
Cos’è che ti ha portato a riprendere le Semirurali nelle tue opere d’arte?
Quando ho aperto il mio salone stavano iniziando a buttare giù le casette delle Semirurali, il quartiere in cui ero cresciuto, partendo da via Sassari e andando verso via Milano. Io, vedendo questo smantellamento, mi resi conto che i luoghi della mia infanzia stavano sparendo per sempre. Per questo nel mio salone, quando non c’erano clienti, spostavo la tendina e mi mettevo a disegnare. Malgrado le casette fossero tutte simili, il bello era scoprire che ognuno era diversa per la sua posizione e emanavano svariate personalità. Le ho viste crollare tutte, una dopo l’altra fino all’ultima. Fortunatamente questa sono riuscito a filmarla. Quel giorno in cui l’hanno demolita eravamo circa una decina, ma c’era un silenzio di tomba, sembrava un funerale: l’unico suono che si sentiva era il rumore delle gru. Sapevamo tutti che dovevano buttarle giù per forza, occupavano troppo spazio e a quei tempi c’era una grande fame di case.
Quando comincia invece la passione per la cinematografia?
La passione per il cinema inizia sempre dalle casette Semirurali. Il fotografo Gatti mi disse che nel suo negozio gli erano arrivate delle cineprese molto belle e nel 1988, grazie al ricavato del salone, riuscii a comprare la mia prima cinepresa. Mia mamma ha sofferto tanto quando è dovuta andare via dalla sua casetta in via Parma e quindi, armato della mia prima videocamera, chiesi il permesso al geometra del cantiere di entrare a fare delle riprese. Fu la prima cosa che filmai e da lì non ho più smesso.
Avresti mai pensato che tutti i tuoi lavori sarebbero diventati dei documenti così importanti?
In realtà mentre li realizzavo no, l’ho capito solo dopo. Ho compreso anche un’altra cosa: quando le persone vedranno le mie opere e i miei documentari, anche tra venti, trenta o quarant’anni, penseranno a me. Io vivrò finché vivranno i miei lavori, è questo il fascino dell’arte.
Autrice: Sarah Sartoretto COOLtour