Perché si invecchia a ritmi diversi?

Attualità | 15/7/2021

Qual è lo “stato dell’arte” della ricerca scientifica sui processi di invecchiamento? In un articolo dal taglio interdisciplinare pubblicato di recente – “How does the environment affect human ageing? An interdisciplinary review“ – Barbara Plagg e Stefan Zerbe hanno riunito ed esaminato le conoscenze esistenti nei campi della medicina e dell’ecologia. “Nella sola Italia, il “gap anagrafico” tra la popolazione più povera e quella più ricca è di circa 10 anni”, affermano i due autori della rassegna che ambisce a proporsi come documento di indirizzo per le politiche sanitarie e ambientali che puntano a ridurre il divario.

Il quadro è lo stesso in Alto Adige e nel resto del mondo: le persone invecchiano a ritmi diversi. Ma quali gruppi stanno invecchiando più velocemente di altri? Quali fattori influenzano l’aspettativa di vita e cosa compromette la nostra salute e un sano processo d’invecchiamento?
La revisione della letteratura scientifica effettuata dal prof. Stefan Zerbe e dalla ricercatrice Barbara Plagg ha cercato di rispondere a queste domande combinando le conoscenze della medicina e dell’ecologia.
“Il processo di invecchiamento non può essere fermato ma è possibile promuovere un invecchiamento sano”, affermano Plagg e Zerbe.
Le principali cause di morte nei paesi industrializzati sono rappresentate ancora dalle malattie croniche: quelle malattie che durano a lungo, sono difficili o impossibili da curare e, al contrario delle malattie infettive, si sviluppano gradualmente in periodo di tempo prolungato. Nel loro lavoro, i due scienziati di unibz hanno identificato i fattori che promuovono l’insorgenza delle cosiddette “malattie associate all’età” (es. demenza, cancro o malattie cardiovascolari). “Invecchiare in modo sano non significa fermare l’invecchiamento o riuscire a mantenere i ritmi di una società sempre più competitiva ma, piuttosto, mantenere la salute mentale e fisica il più a lungo possibile e vivere autonomamente fino alla vecchiaia”, sostengono Plagg e Zerbe, “La velocità con cui invecchiamo è determinata solo in piccola parte dai nostri geni; fattori ambientali come le tossine nell’aria, nell’acqua e nel suolo e fattori sociali ed economici come la formazione, la situazione abitativa, la vita lavorativa e lo stile di vita giocano un ruolo centrale”.
Considerando che in Europa più del 60% della popolazione vive ormai in città, fattori dell’habitat urbano come l’inquinamento dell’aria, le ondate di calore e l’inquinamento acustico sono particolarmente significativi. Il prof. Stefan Zerbe, uno dei promotori del network scientifico TER dell’Alto Adige (Transdisciplinary Environment and Health Research Netwotk) – che conduce ricerche sulle relazioni tra ambiente e salute – vede la pianificazione della sostenibilità urbana e, in particolare, degli spazi verdi, come una leva importante per contrastare l’invecchiamento legato allo stress. “L’individuo può modificare da solo il suo stile di vita prestando attenzione all’alimentazione, praticando attività sportiva e tessendo relazioni sociali ma l’ambiente, spesso caratterizzato dallo spazio urbano, è in gran parte aldilà della sua influenza diretta. La rassegna che abbiamo realizzato dimostra che gli spazi verdi urbani, frutto di un’accurata pianificazione, e la riduzione della polvere e del rumore possono abbassare i livelli di stress. Ciò, a sua volta, può rallentare il processo di invecchiamento”, afferma Zerbe, docente di Ecologia del Paesaggio alla Facoltà di Scienze e Tecnologie e membro del comitato consultivo scientifico della Fondazione tedesca Fritz und Hildegard Berg-Stiftung. “In generale, in medicina stabilire legami causali tra malattie, processi di invecchiamento e fattori ambientali, ed è per questo che la collaborazione interdisciplinare è così importante”, aggiunge Zerbe.
Barbara Plagg, che insegna alla Facoltà di Scienze della Formazione e lavora come ricercatrice all’Istituto di Medicina generale della Claudiana, è sulla stessa linea del collega. La sua attenzione, come ricercatrice, è rivolta allo studio dei processi di invecchiamento e dell’assistenza sanitaria. “La questione dell’equità sanitaria è centrale perché non possiamo considerare il processo di invecchiamento e l’aspettativa di vita di una persona indipendentemente dalle sue condizioni socio-economiche”. Un manager ad alto reddito, per esempio, può permettersi una situazione abitativa migliore rispetto a un operaio, una dieta più sana, un accesso più facile ai servizi sanitari, mentre allo stesso tempo il suo lavoro è meno impegnativo dal punto di vista fisico o di anni di lavoro notturno. “Le statistiche lo dimostrano: la popolazione più ricca vive circa 8-10 anni più di quella più povera. Ciò vale anche per l’Alto Adige”, sottolinea Plagg.
I fattori ambientali come il clima, la qualità dell’acqua e dell’aria sono considerati, ma anche gli ambienti e i fattori artificiali come lo spazio verde urbano, i fattori socio-economici o il reddito. “Il processo di invecchiamento è complesso, molti processi cellulari sono ormai conosciuti ma ciò che li innesca non è ancora stato pienamente compreso”, afferma la ricercatrice, “In termini di prevenzione, tutti conoscono l’importanza di un’alimentazione sana, di un alloggio senza muffa e dell’esercizio fisico, ma a cosa servono queste informazioni se il mio livello di istruzione o di reddito mi costringe a ricorrere a carne macinata a buon mercato e a vivere in un quartiere densamente popolato con poco spazio verde per l’attività fisica?”.
L’articolo di revisione dello stato dell’arte della ricerca scientifica ha l’obiettivo scopo di utilizzare le conoscenze disponibili per avanzare nello sviluppo di misure socio-politiche che vadano nella direzione dello slogan inglese “Make the healthier choice the easier choice”: l’alternativa sana dovrebbe essere anche quella più ovvia e più facile per tutti, indipendentemente dal reddito e dal livello di istruzione. “Lo studio mostra le relazioni tra fattori ambientali, la salute umana e processi di invecchiamento”, conclude Stefan Zerbe, “Renderle il più possibile positive e sane per tutti dovrebbe essere un’importante preoccupazione socio-politica perché, alla fine, un malato a lungo termine costa più delle persone sulla cui salute e benessere si fanno investimenti precauzionali”.

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