Sono belle, apprezzate e anche molto preziose le fontane che caratterizzano la storia e l’architettura di Salorno. Si tratta di piccoli monumenti che vogliono ricordarci ricordano che la nostra memoria scorre anche attraverso l’acqua.
Facendo due passi tra le vie storiche di Salorno, salta all’occhio che molte fontane sono risalenti al XVIII e al XIX secolo. Il valore pratico di questi oggetti all’epoca era inestimabile e ancora oggi sono in grado di raccontarci il passato agricolo e commerciale del borgo. Di fatto il legame tra la comunità e le sue fontane ha radici molto profonde. “Un tempo le fontane erano divise in due – racconta Manfred Joppi, esperto del settore -. Per legge l’acqua si versava nella prima fontana, quella solo adibita all’abbeveraggio del bestiame, e chi sporcava l’acqua veniva multato. Poi l’acqua passava nella seconda fontana, quella utilizzata per il lavaggio dei panni. Le fontane servivano anche come approvvigionamento per l’antincendio”. Nel Medioevo, invece, erano essenziali al sostentamento quotidiano degli abitanti e degli animali da soma. Con il passare dei secoli c’è stata un’evoluzione verso un valore soprattutto culturale e simbolico da preservare.
Alcune fontane sono caratterizzate da linee semplici e dall’essere costruite con materiali locali. Altre sono impreziosite da dettagli gotici e barocchi, rivelando l’influenza delle correnti artistiche che hanno attraversato la zona. Oltre essere testimoni silenziose della vita del borgo, le fontane sono state punti d’incontro, e quindi di socialità, e oggi sono luoghi in cui passato e presente si intrecciano armoniosamente. Recentemente sono state restituite all’antica bellezza grazie a importanti lavori di restauro, e continuano ad offrire acqua potabile ai passanti. “Sono dieci, ma in origine erano sette, tutte collegate all’acquedotto centrale – continua Joppi – Sono stati investiti molti soldi per la costruzione e per la manutenzione.”
Tra le più significative spicca la Fontana dei Delfini: con la propria eleganza marmorea si erge dinanzi all’edificio comunale. Realizzata in marmo bianco, in una nota sul sito del comune è ricordato che “si ispira all’originaria fontana barocca (1776) di Antonio Giongo, scultore di chiara fama e figlio di Francesco Giongo, famoso autore della fontana del Nettuno in Piazza Duomo a Trento”.
“La fontana originaria, posizionata nella piazza del paese basso e ormai perduta, era completata dalla statua di un Ercole. L’eroe, vestito con la pelle di leone, brandiva la clava e poggiava su dei delfini – prosegue il testo -. Il tema iconografico dell’Ercole vittorioso sulle acque, simboleggiate dai delfini, è da collegare agli sforzi che in quegli anni furono intrapresi per regolare il corso dell’Adige, dopo le infinite e disastrose alluvioni che colpirono più volte il paese. L’originale è stato smontato durante l’invasione francese e la statua di Ercole è sparita”.
“In quegli anni la popolazione compì grandi sforzi per fare i lavori necessari a domare l’Adige – prosegue Joppi -. La convinzione era quella di far vedere che l’intelligenza umana aveva vinto sulle catastrofi naturali. Ma non fu così perché un’altra alluvione colpì la zona. Venne rifatta la piazza e si pensò bene di non mettere più l’Ercole ma tenere i delfini. Questo perché si spera che la statua mancante venga ritrovata”. Un’altra fontana, oggi riprodotta con dimensioni più ridotte e moderne, si trova a lato dell’incrocio nord di via Trento. Osservando una vecchia fotografia ritrovata alcuni anni fa dall’amministrazione comunale, si scopre che era centrale nella disposizione urbanistica del paese. “Fino agli anni 60 era fuori dalla Locanda alla Rosa. Poi è stata tolta, perché ostruiva il traffico”, ricorda Joppi.
Autore: Daniele Bebber